Il Progressive Rock è un genere particolare, capace di far breccia nel cuore di molti ascoltatori con la stessa velocità ed intensità con cui suscita in altri disprezzo e disinteresse. Una delle critiche maggiori che vengono mosse verso questa "branca" del Rock riguarda la prolissità di alcuni lavori ad esso relativi, accusati di perdersi in una marasma di tecnicismi e divagazioni strumentali che, a detta dei detrattori, nascondono una incapacità nel creare melodie e strutture sonore in grado di coniugare preparazione teorica e pratica, originalità e sintesi.
Al contrario c'è chi, invece, ama perdersi in certe suite mastodontiche, dove sovrastrutture spesso improbabili (ed alcune volte, lo ammetto senza problemi, persino "forzate"), fatte di continue rincorse tra parti più propriamente Rock e stacchi Fusion/Blues, prendono il sopravvento e mandano letteralmente a farsi benedire l'idea stessa di "forma canzone", intesa nella più classica sommatoria di: intro + strofa + ritornello + chiusura finale.
I Transatlantic sono sicuramente una band che ha fatto di questa modalità di scrittura un emblema della propria proposta musicale, una scelta che è ben rappresentata dal loro ultimo lavoro in studio, quel "Whirlwind" dal quale è tratto il live di cui voglio parlarvi oggi, cioè "Whirld Tour 2010 - Live From Shepherd's Bush Empire, London", il cui titolo completo prevede il prefisso "An Evening With Transatlantic", il quale, secondo me, rappresenta una vera e propria dichiarazione d'intenti, ed ora vi spiegherò il motivo. Per prima cosa, mettetevi comodi, perché qui la faccenda si fa lunga (il live, non la recensione! State tranquilli!), infatti ci troviamo davanti ad una registrazione monumentale, spalmata su ben tre supporti ottici e contenente solamente (si fa per dire!) sei brani, di cui solo il primo occupa tutto il primo disco, essendo la riproposizione integrale, senza pause, della splendida "Whirlwind", una traccia che, nei suoi quasi ottanta minuti di durata, condensa tutto il pensiero e l'attitudine musicale dei questi giganti del neo progressive mondiale! Come dicevo prima si tratta di un lavoro particolare, una specie di invito a passare una serata in compagnia di qualcuno che vuole raccontarvi una storia, ecco il perché dell'importanza del prefisso citato qualche riga sopra.
In questo lavoro non troverete ritmiche serrate o cori da stadio, bensì una serie di trame che, unite insieme, formano un unico ed entusiasmante racconto, composto da parti più "rock-oriented" e tese, intervallate da stralci atmosferici di grande effetto, dove le splendide voci di Neil Morse (tastiere) e Reine Stolt (chitarra) duettano con una sezione strumentale di prim'ordine, composta da Pete Trewavas al basso e Mike Portnoy alla batteria (entrambi contribuiscono anche dal punto di vista vocale), ai quali si unisce Daniel Gildenlöw (voce dei Pain Of Salvation) alle chitarre, tastiere e percussioni (oltre a contribuire sotto l'aspetto canoro). Ed è proprio sull'ex batterista dei Dream Theater, se permettete, che vorrei soffermarmi un attimo, al fine di metterne in risalto una performance davvero eccellente e misurata, lontana dagli standard "opulenti", e a tratti "invasivi", tipici della sua produzione con il Teatro del Sogno, infatti in tal frangente troviamo un Portnoy quasi "operaio", che macina colpi, rullate e cambi di tempo mettendosi completamente al servizio dei suoi compagni d'avventura, non lesinando di certo dimostrazioni di tecnica (un batterista così vulcanico difficilmente lo si tiene a freno!), le quali, però, non risultano affatto eccessive o fuori luogo, anzi si inseriscono perfettamente nell'impianto sonoro messo insieme dai Transatlantic, perciò una nota di merito al signor Portnoy!
Ovviamente anche il resto della band non è da meno, ed ogni membro contribuisce allo show con il meglio del proprio bagaglio tecnico: Reine Stolt si lancia in soli di pregevole fattura, ammalianti e corposi allo stesso tempo, Pete Trewavas accompagna alla perfezione, con precisione chirurgica e professionalità impeccabile, Neil Morse tesse trame tastieristiche e vocali di grande effetto, ed infine Daniel Gildenlöw si inserisce talmente bene nella progettualità della band da sembrare più un membro fisso che un ospite speciale! In conclusione non posso che consigliare questo live a tutti gli amanti della buona musica, perché in questo lavoro non troverete altro che dei grandi musicisti che vi chiederanno di passare un po' di tempo insieme a loro, tutto qui! Io, da parte mia, non posso far altro che incitarvi a non declinare l'invito, perché ne vale veramente la pena di lasciarsi trasportare da questo "Whirld Tour 2010 - Live From Shepherd's Bush".
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