Il qui presente disco è il debutto di Renato Tribuzy come solista; pubblicato nel 2005 si avvale della collaborazione di ospiti di rilievo, quali Michael Kiske, Bruce Dickinson, Kiko Loureiro, Ralf Scheepers, Mat Sinner, Roland Grapow (guitar) (ex Helloween, Masterplan) e Roy Z (guitar) (Rob Rock; Halford; Dickinson); al basso: Chris Dale, Dennis Ward. Sidney Sohn: Keyboards

L'adesione di questi musicisti fa già capire il clima che si respira: marcati avvicendamenti al microfono e carosello di chitarra solista, in cui spicca l'esotismo di Loureiro. I testi sono quasi tutti a cura di Renato, il quale ivi ha riversato rabbia e aggressività, ma anche fantasia.

L'opener e title track, "Execution' mette in luce proprio il lato aggressivo di Renato assieme alla tecnica, con linee vocali arcigne abbinate ad altre alla Ripper Owens, queste ultime sporadiche. I testi sono melodici ma ostili verso lo stile di vita odierno con ritornello in stile "The Love Song" di Manson. La traccia seguente e la successiva diluiscono il condensato attraverso la metrica in rima e testi dedicati alla rigenerazione dell'animo umano. Mentre a "Divine Disgrace" spetta il compito di rarefare nuovamente il quadro, soprattutto grazie alla migliore prestazione di Renato, ed i testi animati da uno spirito religioso lacerato; il quale sublima nella successiva "Absolution", la migliore del disco sotto l'aspetto melodico-poetico. A duettare con Renato c'è niente di meno dell'ugola d'oro di Kiske, che in questa sciarada veste i panni del confessore virtuoso e spalla su cui piangere per qualcuno logorato da una vita dissoluta; e la sua prestazione lascia il vuoto dietro a sé, anche per le strofe bellissime. La successiva "Web of life" è un'altra buona prestazione di Renato, con un refrain questa volta simile a "Vain glory opera" di Edguy.

Mat Sinner e Scheepers duettano nella seguente "Nature of Evil" sostenuta dall'ottimo Loureiro. C'è da dire che l'apporto dato dai due è di dubbio gusto, visto che non variano le linee vocali di Renato di una virgola; tutt'altro per Dickinson: il suo timbro si fa sentire eccome, bella anche la cadenza lenta e trascinata. Renato chiude il disco riproponendo le sue caratteristiche.

Tirando le somme il disco è sicuramente monotono nei testi pur belli; anche Renato non trascende più di tanto pur avendo un timbro vivido. Tecnicamente viste le collaborazioni c'è poco da dire, lo stile è quello: duro e ruvido.

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