Per stroncare un disco di Tricky ci vogliono due palle così (immagino già la flotta di commenti negativi contro il sottoscritto) e se poi è anche uno dei tuoi artisti preferiti ti preme anche il rimorso di coscienza. Ma a me questo disco non ha entusiasmato neanche un po'. Sarà forse che è troppo avanti per essere capito, che è troppo cool per essere odiato, ma non ci trovo nulla di interessante.

Tutti urlano al miracolo: sul database debaseriano una recensione splendidamente scritta ne apprezza le qualità sonore e le esalta, i commenti fanno altrettanto. Ma questo terzo album possiede solo un paio di capolavori: la struggente "Christiansands", dove i suoni si fanno duri e decisi verso un punto di non ritorno. Elegia statica e sonora come un ciclone che trascina l'ascoltatore nell'occhio del ciclone. Pura cleptomania trip hop. L'altro grande pezzo è "Makes Me Wanna Die", uno delle punte più alte mai raggiunte dal ragazzo del ghetto bristoliano, con una Martina Topley Bird in stato di grazia che accarezza i timpani con il suo sospiro dolce e accentuato, mentre parole di significato splendido si snodano su una struttura ritmica davvero invidiabile.

Sono due pezzi da avere, in tutti i sensi, ma per il resto l'album vaga nel vuoto. Un inizio carino (bella ma passabile "Vent") e qualche buona melodia accentuata (piacevole "Bad Dreams") non salvano il voto finale: tropicalismi rap quasi irritanti ("Ghetto Youth"), passaggi inutili e inconcludenti ("Piano"), suoni innovativi ma poco coinvolgenti ("Lyrics Of Fury") annullano tutta la bellezza delle canzoni più riuscite.

Tricky è un grande musicista, ma è anche un uomo e come tutti gli uomini compie anche errori. Questo è uno dei suoi errori.

Fosse venuto da un artista misconosciuto della scena trip hop sarei stato clemente, ma se è colui che ha creato capolavori come "Maxinquaye" o "Nearly God" non posso perdonare.

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