Quali fattori determinano la bravura di una band? La perizia tecnica e buone canzoni non bastano di certo… e i Tristania sembrano averlo capito; e, infatti, loro sono una delle più grandi band del genere, se non quella più importante, perché mai hanno perso un colpo, né mai si sono abbassati a bieche operazioni commerciali, facendo dell'originalità e della voglia di sperimentare il proprio credo, pur senza snaturare il trademark da loro stessi negli anni creato.
Partiti dal lontano 1997 con l'ep omonimo, pubblicano nel 1998 "Widow's weeds", un vero e proprio romanzo gotico-romantico trasportato in musica che parla d'amore e morte, che trasmette tutto il dolore e la malinconia che scaturiscono dal cuore spezzato di un amante di fronte alla morte della propria amata. Impossibili da descrivere a parole le sensazioni che un album del genere può trasmettere… I testi profondi di Morten Veland sono dello stesso stampo di quelli dei Theatre Of Tragedy (ovvero scritti in inglese antico) ma tanto più profondi, tristi e malinconici da elevare le liriche dei Tristania ad una dimensione poetica (nonostante tutta la raffinatezza e la ricercatezza delle loro parole, i testi dei Theatre Of Tragedy non raggiunsero mai tali livelli di emozione - mantenendo toni piuttosto teatrali, risultando a volte difficili da comprendere - se non nelle bellissime liriche di "Hollow-Hearted, Heart-Departed" e poche altre canzoni). Il suo growl poi le interpreta raggiungendo il massimo dell'espressività.
"Widow's Weeds" fu anche la consacrazione della più bella voce soprano mai udita in un gruppo metal. Si tratta di Vibeke Stene. Ben lontana dai toni cantilenanti e zuccherosi di Liv Kristine (alla quale si avvicina molto più la connazionale, e altrettanto brava Anita Auglend dei The Sins Of Thy Beloved, il gruppo che va a completare questa fantastica triade) sconvolge l'animo dell'ascoltatore sin dalle prime note dell'intro. La sua voce appare poco, ma lo fa nel migliore dei modi ed assieme alle tastiere è in grado di rapire l'ascoltatore, introducendolo ora nei luoghi più solitari di una mesta, lontana e antica città medioevale, ora all'interno di una cattedrale gotica nella quale si viene circondati dai canti gregoriani, ora sulle rive di un fiume, ora in un cimitero, ora tra le mura di un castello durante un meraviglioso tramonto, ora in luoghi sinistri infestati dagli spiriti. Le orchestrazioni non sono mai sovrabbondanti o invadenti (molto spesso troviamo degli inserti di violino - ad opera di Pete Johansen - che non fanno che impreziosire il tutto dandogli un tocco maggiormente romantico), ma enfatizzano la mestizia creata dalle chitarre (che risentono ancora dell'influenza doom, ma a tratti assumono connotazioni death). Pur non godendo di una buona produzione (ma questo particolare - grazie agli elementi di cui sopra - è più che irrilevante) quell'album è e sarà per sempre la Bibbia del Gothic Metal (i Theatre Of Tragedy non avranno più nulla da dire dopo che, grazie alle loro lezioni, i Tristania li ebbero superati in un sol colpo).
In ogni caso, questo confronto tra le due band non vuole essere affatto una critica (impossibile farla… ) ai Theatre Of Tragedy, che, con i primi due album hanno scritto parte della storia di questo genere, rendendola gloriosa e spianando la strada alle band "figlie", quanto più un paragone a livello di riscontri emotivi.
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