1998: I Tristania, giovanissima (i membri della band non avevano compiuto ancora vent’anni ) band norvegese pubblicano il loro meraviglioso album di debutto: “Widow’s Weed”: non stiamo parlando di un buon album, ma sarebbe riduttivo definirlo anche un capolavoro: infatti è la summa definitiva di tutto ciò che concerne il Gothic Metal a voce femminile: se qualche anno fa i connazionali Theatre of Tragedy hanno crearono il genere, ribattezzato dai più fantasiosi “Beauty And The Beast” Metal dall’alternanza della doppia voce, i Tristania prendono molto dai maestri ma aggiungono nuove e fresche inventive.

Successivamente molti cercheranno di ricreare le superbe atmosfere presenti i questo cd , ma i risultati non sono neppure comparabili a quello ottenuto dai Norvegesi. Insomma un Must per il metallo più romantico e decadente: già nella copertina (un castello medievale dai toni grigiastri), e dal libretto (immagini provenienti da antichi manoscritti) traspariscono le atmosfere dall’album. Inoltre anche i testi, dal tocco retrò grazie agli arcaismi, aiutano a ricreare il romanticismo che trapela dalla loro Musica. Quest’ultima è basata dall’alternanza dell’eterea e svolazzante voce di Vibeke Stene, più lirica e impostata rispetto alle colleghe dell’epoca e il growl aggressivo e intenso di Morten Veland, che è anche il principale compositore della band. A queste si aggiungono chitarre di chiara matrice death, ruvide e a tratti quasi zanzarose suonate dallo stesso Veland e da Anders H. Hidle. Il basso (suonato da Rune Osterhus) e la batteria (suonata da Kenneth Olsson) non si cimentano in ruoli di particolari importanza, al contrario dalle tastiere (suonate da Einar Moen), che hanno un ruolo solistico e importante ricreando atmosfere a tratti nebbiose a tratti maestose. Completa il quadro il violino, suonato da Pete Johansen, che diventerà un’ospite fisso degli album Gothic norvegesi.

Il cd si apre con un’introduzione, “Preludium” appunto. Cori e gregoriani con tastiere che riproducono il suono dell’ organo danno un tocco molto gotico all’ introduzione. “Evenfall” è il primo pezzo vero e proprio, dalla durata medio-lunga così come tutti i pezzi dell’album: il duetto tra le 2 voci è assolutamente incisivo e il pezzo gode di vari cambi di tempo, nei quali rimane però intatta la malinconia di fondo: invece nel finale l’atmosfera cambia: le tastiera divengono più malvagie e oscure. “Pale Enchantress” è un pezzo dalla dolcezza e intensità disarmante, grazie alle tastiere, incantate e sognanti e al violino, quasi commovente. ”December Elegy” non è solo il pezzo migliore dell’album, ma anche uno dei momenti più alti di tutto il Gothic. Ha una cadenza molto lenta e Doomeggiante, con i suoi riff granitici e monolitici ed è pervaso da un’aurea maligna ma allo stesso tempo magica. Letteralmente senza parole è il pezzo dove si sente lo scorrere dell’acqua, e mentre il violino e le tastiere fanno capolino una leggiadra creatura, Vibeke, recita oscure parole ed esce fuori dalle acque cristalline per regalarci un finale ricco di pathos e drammatico.

“Midwintertears” riprende lo schema e le atmosfere di “Pale Enchantress” ma con un ottica più orrorifica e mistica. Bellissimo l’intimista intermezzo che lascia Vibeke sola con il solo accompagnamento delle tastiere. Successivamente fa capolino il violino e per dare più enfasi al brano viene aggiunta una voce maschile narrante... ma l’apparente calma viene spezzata a favore di qualcosa di più angosciante. “Angellore” viene aperta da il duetto tra nostalgici archi e le stridenti risate di un bambino. Questo pezzo si discosta dalle altri pezzi del platter, presentando un andamento più filante e rockeggiante, vicino ai brani di “Aegis” dei Theatre Of Tragedy , uscito lo stesso anno oppure anche ai pezzi che verranno interpretati dai Sirena, la band fondata da Morten Veland dopo l’addio ai Tristania. Presenta un riff molto orecchiabile, che non esce più dalla testa. Abbiamo inoltre la partecipazione di Osten Bergoy e le sua voce pulita. “My Lost Lenore” è un'altra grandiosa traccia, le tastiere creano una soffice e decadente melodia, che verrà ripresa anche nel finale imitando il suono dei Carillon. “Wassterland’s Caress” è l’ultima traccia vera e propria dell’album: la claustrofobia e l’oppressione primeggiano su tutti i sentimenti, anticipando il percorso intrapreso con il successivo “Beyond The Veil”.

Infine, con le sue campane ecclesiastiche e i suoi cori, “…Postludium” chiude in maniera egregia questo splendido album.

Angellore… revered of dusk/for thee I rose/ now descend… all alone/ rise for me… sothe my heart/so wide a sea/may I overcome…

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