Dopo l'interessante e spassoso, anche se un po' grezzo, esordio e il successivo "Brakebein" i Trollfest arrivano a comporre quello che è finora il loro album più "maturo", sempre che tale espressione possa applicarsi alla loro musica  caciarona e sopra le righe.

D'altronde sono gli stessi musicisti a non prendersi troppo sul serio (hanno dichiarato di comporre prevalentemente in stato di ebrezza), ben lungi dal volere stupire con chissà quali virtuosismi o stimolare il pensiero con testi profondi, l'unico scopo della loro musica è intrattenere e far passare all'ascoltatore una quarantina di minuti circa all'insegna della goliardia. Le loro sonorità possono essere inserite nella corrente folk-metal, anche se la band ha un suono del tutto particolare che si distanzia notevolmente da quella degli altri gruppi del genere, un ibrido tra metal, folk, ska e inni da birreria.

Un'ulteriore differenzazione è avvenuta proprio in questo album in cui sono state abbandonate le coordinate della humppa (polka finlandese), a cui si richiamano i Fintroll e buona parte dei gruppi fotocopia che ne sono scaturiti, spostandosi verso suoni più orientaleggianti con richiami alle sonorità folcloristiche dei balcani. Dal punto di vista degli arrangiamenti questo è sicuramente il loro apice compositivo: i brani, pur nella loro natura schizzata e anarchica, risultano curati e convincenti e i vari stili vengono amalgamati senza forzature. Il cantato come al solito è in Trollspråk (lingua dei Troll), in pratica si tratta di un miscuglio di norvegese e tedesco, con molte libertà grammaticali, che si sposa benissimo con lo spirito delle composizioni.

Le tematiche delle varie canzoni ruotano principalmente intorno all'alcool, a Troll che vanno in giro a uccidere cristiani, si abbuffano o si ubriacano o che fanno tutte le tre cose insieme. Menzione speciale merita la title track, che parla di un'anatra selvatica geneticamente modificata ed indemoniata assetata di sangue cristiano, questo brano rappresenta la summa del pensiero Trollfestiano ed è impossibile rimanere impassibili quando, durante la canzone, il cantante si mette a starnazzare ("Villanden, vratte fram! Kvakk, Kvakk...Kvakk, Kvakk...").

Un vero toccasana contro il cattivo umore, quest'album risulta fresco e godibilissimo, facendo della sua genuina ignoranza il proprio punto forte e, proprio per questo, risultando più convincente di molte altre opere che tentano di toccare chissà quali vette artistiche risultando poi solo insipidi e inconcludenti. Agli integralisti che pensano che la musica debba sempre e per forza essere arte ed elevare lo spirito questo cd potrebbe non piacere, a tutti gli altri consiglio perlomeno un ascolto, magari mettendosi nello stato d'animo giusto con una o due birre d'accompagnamento!

Highlights: "Der JegerMeister", "Villanden", "Der Uhr Ist Skandaløst Schändlich"

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