Mi trovo in questi ultimi e freddi giorni del 2013 a rapportarmi con la musica di una formazione non certo straordinaria, almeno per chi conosce o bazzica il genere, ma senza dubbio estremamente piacevole all'ascolto.

Sto parlando degli austro-americani Tropic of Cancer.

La band con il nome di una delle più importanti opere di Henry Miller è attiva da alcuni anni nel circuito darkwave d'oltreoceano e s'è fatta conoscere grazie a degli Ep di ottima fattura. Ora: non avendo la loro discografia sottocchio, non so dirvi se questo sia o meno il loro esordio ufficiale. So solamente che ci troviamo dinnanzi a una formazione con le idee chiare e in grado di proporre qualcosa di veramente appetitoso per tutti gli amanti di sonorità oscure e notturne.

I punti di riferimento vanno ricercati nei primi Cocteau Twins, nei Dead Can Dance, nelle note di Siouxsie e in certi richiami al sound "Ethereal" e spettrale dei Lycia (lo so, li metto ovunque). Al tutto aggiungiete ritmi sincopati e monotoni, tipici della corrente nota con il nome di "minimal synyth".

Un prodotto che non può assolutamente lasciare indifferenti, pur consci di non trovarsi di fronte a degli innovatori in senso assoluto. Ma ne vogliamo forse scovare nel nuovo millennio?

Brani come "Rites of the Wild", “The Seasons Won't Change (And Neither Will You)” e “Wake The Night”, dimostrano che la Darkwave ha ancora qualcosa da dire. Qualcosa di molto interessante.

Non lasciatevi scappare questo disco perché, tra le tante uscite underground, è un platter che si fa notare per genuinità, sincerità e voglia di emozionare l'ascoltatore.

Tutte caratteristiche che, affannosamente o meno, cerchiamo spesso e invano nei dischi degli ultimi anni.

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