La scena Paisley Underground fu una realtà decisamente più interessante di quello che i critici considerarono al momento. Prendiamo ad esempio i True West ed il loro miglior album, quel “Drifters” troppo spesso sottovalutato o etichettato come “cugino povero” dei lavori ben più celebrati dei coevi Dream Syndicate di Steve Wynn, con il quale peraltro Russ Tollman e Gavin Blair avevano suonato nei mitici “The Suspects”. Ebbene, “Drifters” ovvero “Vagabondi”, riscoperto ora all’interno della recente antologia “Kaleidoscope”, ha tenuto meravigliosamente il passare del tempo. I True West non furono mai più così ispirati come in quella lontana estate del 1984. La storia ci racconta che non ebbero mai una reale seconda occasione per dimostrarlo ma le prove successive furono deludenti.

Rispetto agli esordi di “Hollywood Holyday”, in "Drifters" i passi avanti sono notevoli. Magari si perde un pò di aggressività e ci si allontana da quegli echi garage così di moda ai tempi degli esordi di “Lucifer Sam”. Però si entra in un territorio a mio parere più interessante ancora, quello che avvicina il cantato e l’acido jingle jangle delle chitarre al dogma del loro padrino naturale, quel Tom Verlaine che qualche anno dopo provò addirittura a produrre la band.

Il livello delle canzoni è, a mio parere, molto elevato. Dall’iniziale “Look around” dove la somiglianza del modo di suonare di McGrath con il sound dei Television è evidente, al superbo mid-tempo di "At Night They Speak”. Note di merito anche per la voce di Blair che rende originali delle ballad che qualcun altro avrebbe potuto interpretare in maniera decisamente più banale. Penso alla successiva “Speak Easy” ad esempio, dove la pennata elettrica Velvetiana finisce per ricordare bands come gli stessi REM, vere icone del suono college rock degli anni 80. Altro esempio è "Shot You Down”, un brillante drive chitarristico che ammicca a quello che fu il suono dei Feelies e della Hoboken negli anni '80, per concludere il primo lato con la magnifica "What About You”, forse la mia preferita: malinconica e sognante, con McGrath e Tollman seduti vicino al maestro Verlaine a rubacchiarne le trame chitarristiche.

Il lato due si apre col botto di "Hold On”, grande canzone dai forti sapori guitar-pop. Qui si rincorrono addirittura echi di Flying Nun e di emisferi lontani ma la voce di Blair e le chitarre byrdsiane riportano velocemente tutti a casa. Come anche nella successiva “And then the rain”, già nota in una versione più “sixties” sul precedente mini d’esordio. Le tastiere di Chris Cacavas punteggiano il guitar rock di “Backroad Bridge Song (What Could I Say)” e la comparsata funge da “investitura ufficiale” per una band che entra così a pieno titolo nella ristretta famiglia del Paisley Underground. Resta lo spazio per una breve e interessante parentesi acustica “Ain’t no hangman” e per la strepitosa chiusura di “Morning Light”, una delle canzoni manifesto del gruppo stesso. Ecco, questo è il disco e per un attimo sembrò che i True West potessero farcela a scardinare il potere delle majors che facevano la coda per la nuova “Next Big thing”. Ma non fu così ovviamente. Dopo uno sfinente tour europeo a supporto dei REM, i ragazzi smisero di andare d’accordo e le cose si complicarono rapidamente. Le vendite di "Drifters" furono deludenti nonostante la stampa francese su New Rose garantisse una certa capillarità distributiva. Poco dopo l’album, la band si sciolse a causa dei soliti problemi interni e di grandi aspettative deluse. Il vero leader nascosto, Russ Tollman, lasciò irrimediabilmente orfana la band che intanto, nel 1986 si riformava in fretta e furia, forse nel tardivo tentativo di riuscire a salire sul treno del successo insieme al sindacato dei sogni… ma come tristemente noto, il tempo corre veloce e i giorni del vino e delle rose erano appena finiti.

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