Chiedere ai Turin Brakes di replicare le vette raggiunte col "The Optimist E.P." e, soprattutto, con "Ether Songs", è francamente troppo.

Una cosa è fondamentale per comprendere ogni nuova uscita del duo britannico: quel pop delicato e venato di folk che li aveva imposti al grande pubblico, e fatti entrare di diritto nella culla dorata del "new acoustic movement", sta man mano lasciando spazio ad una scrittura pop rock più ritmata e scorrevole. E non è affatto detto che sia un difetto.

In tal senso, significativo è stato il disco pubblicato nel 2005, quel "JackInABox" che ha fatto scoprire ai nostri Olly e Gale quell'oggetto "sconosciuto" denominato chitarra elettrica. Inedita tendenza, questa, che si ripete anche nel nuovissimo lavoro "Dark On Fire", già ben presentato dal singolo "Stalker", in alta rotazione anche qua in Italia grazie ad un ritornello che riesce ad essere magistrale senza apparire particolarmente "furbetto"; e proprio qua sta la forza del duo britannico, che riesce a scolpire melodie immediate ed in possesso un'armonia che lascia attoniti. Splendida la contrapposizione tra la dolcezza delle chitarre e la decisione del basso, nonché bellissimo il videoclip che accompagna il brano.

Ma "Dark On Fire" non è solo "Stalker"; sono tante le gemme da scoprire, a partire da "Last Chance", primo brano in scaletta, che mette in mostra un'ottima melodia simil country in crescendo, culminante in un bridge vagamente frenetico e rumoroso (poco a che fare, insomma, con le delicatezze acustiche degli esordi). Sarebbe un ottimo secondo singolo. Si prosegue benissimo con "Ghost", altra chicca da segnalare assolutamente, in virtù di uno splendido arrangiamento che omaggia inequivocabilmente le classiche sonorità tipicamente "seventies", risultando alla fine vagamente Stereophonics penultima maniera, ma indiscutibilmente incisiva. Anche qua il basso "pulsa" che è un piacere.

Superate le plumbee e nebbiose atmosfere tipicamente british di "Something In My Eye" ed il succitato singolo, colpiscono al cuore le sognanti melodie arricchite dal piano della fantastica "Other Side" (echi del David Gilmour più "rarefatto") e le divagazioni folk/country della titletrack, in cui gli archi fungono da "culla" ad una chitarra quasi "sussurrata".

"Real Life", "For The Fire" e "Timewaster" (altra possibile smash-hit) fanno parte della proposta maggiormente "elettrica" di cui sopra; poi arriva la malinconica "Bye Pod", che ci riporta indietro di qualche annetto dopo una scorpacciata rock insolita per un disco dei Brakes. Stesso dicasi per le conclusive "Here Comes The Moon" e "New Star", comunque belle ed evocative, specialmente la seconda.

Come sempre, quindi, le dolci e soavi atmosfere dei Turin Brakes tornano a deliziarci, anche se ormai l'etichetta di sognanti cantautori con la chitarra sembra alquanto riduttiva (anzi, decisamente inesatta). Vedremo se la svolta elettrica sarà ancora più decisa nei prossimi lavori.

Intanto ce li godiamo così.

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