Una scossa elettrica a basso voltaggio perturba l'andamento iniziale dell'E.P. ininterrottamente: un sintetizzatore provocatorio su cui scorre "Satellite", prima che la voce black di Tunde Adebimpe riempia l'atmosfera e la modelli con le armonie intense e voluttuose del suo repertorio, ricco di cori doo-wop e falsetti, influenzato dalla musica soul; voce che si amalgama in maniera impeccabile con le melodie elettroniche di David Andrew Sitek, mentre la chitarra crea un fascio di suono avvolgente; il ritornello del brano di apertura ci catapulta in un ambiente vitreo: è imbastito da una sorta di rap afro-wave, poi un flauto, cori di la la la la e ululati creano l'armonia conclusiva.
"Staring At The Sun" riprende da dove aveva terminato "Satellite", con un coro spiritual, evocativo, prima che un profondo sintetizzatore disturbi la quiete, e siamo al solito punto: la voce si impone su tutto, su questa sorta di indi-rock sperimentale oscurato da una wave synth-pop. "Blind" è groove, prosegue sempre sulla stessa rotaia; il piano a piccoli passi crea un sottofondo ameno che lemme lemme ci trascina in un vicolo cieco e solo qualche acuto tenta di fare luce. In "Young Liars" ci sono cori che si intrecciano e si amalgamano; è cadenzale ma nello stesso tempo intensa. Queste sono canzoni che si perdono nelle notti di Brooklyn, molto evocative; where can you be? Waiting for a signal or a sound?
Il segnale o il suono che aspettavamo è la quinta traccia non pervenuta nella track list; partono cori doo-wop e si ha subito una reminescenza storica: "Mr. Grieves" dei Pixies, qui magistralmente coverizzata dal gruppo newyorkese. Fantastica, interamente a cappella, atmosfere gospel, accompagnata da un contrabbasso celato, cori di voci che si fondono, fischiettii, schiocchi di dita... Il tutto si allontana e noi rimaniamo a bocca aperta. Do you have another opinion?
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