"Se Dio fosse improvvisamente condannato a vivere la vita che egli ha inflitto agli uomini, vorrebbe uccidersi!".

Si presenta con questa frase di Dumas l'ultimo lavoro dei Type o Negative, band dedita ad un sound che mischia Beatles, Black sabbath e un pò di Gothic decadente a cui fà capo il lunatico Pete Steele. Questo disco uscì nel 2003 dopo anni di attesa ed avrebbe dovuto servire a rafforzare l'immagine della band dopo un album travagliato come "World coming down" del 1999, considerato dallo stesso Steele il loro peggior album; con un pò di sforzo in più i 4 Newyorkesi riescono a sfornare un disco niente male che include il solito mix di doom, melodie hippie e tappeti tastieristici a volte anche da cattedrale, ed in questo disco anche un pò progressive, unito a dei testi singolari che si fondono con il titolo dell'album stesso "Life is killing me"; Steele che di solito si occupa della stesura dei testi se la prende ad esempio con il sistema ospedaliero e contro i dottori, "i quali hanno il solo scopo di tenerti in vita per accrescere il loro conto in banca", oppure fa emergere il proprio lato misogino in pezzi come "How could she?". Non c'è dubbio che Steele scriva testi folli, tanto folli quanto ormai lo è l'uomo. Al cantante Newyorkese interessa criticare una società che va in decadenza anche solo a causa di singole persone, cosa non da poco che può rovinare la vita a chiunque. Ecco perchè la vita ci sta uccidendo!

Veniamo alla scaletta dei pezzi: "thr13teen " è una intro "doomeggiante" che sembra uscita dall'album precedente, ma già con la successiva "I don't wanna be me", pezzo veloce e dotato di un simpatico assolino, ci viene da pensare a "Bloody Kisses". Interessante "Less Than zero (<0)", dove riesce perfettamente il mix Beatles/Black Sabbath, con un sitar hippie, un coretto che proviene da "October Rust" e riffs pesanti sabbathiani. Lo stesso vale per la traccia 4 "Todd's ship Gods(above all things)", mentre "I like Goils" che sarebbe girls (deformazione fonetica dell'inglese di Brooklyn) è sfrontata e carica. La voce di Steele che finora è stata aggressiva e tenebrosa, si fà dolce e suadente nella elegante "...a dish best served coldly" almeno nella prima parte, che cede il passo al doom e ad un pizzico di progressive nella seconda parte, sapientemente interpretato dall'ottimo Josh Silver alle tastiere.

Altre canzoni degne veramente di nota (direi tutte quante) sono la omonima traccia che dà il nome al disco, "Nettie", molto "bloody kisses", "(We were) electrocute" e la perla "Anesthesia". Per il resto il disco si mantiene ad alti livelli, ma non altissimi secondo me come nel loro capolavoro assoluto che è "Bloody kisses" (non volevo ripeterlo ancora). Canzoni passate come "Black N. 1", "Christian Woman" rimarranno tali almeno fino all'uscita di un lavoro futuro che possa aggiungere tra il novero delle loro creazioni nuovi capolavori.

Intanto ci ascoltiamo questo "Life is killing me" che è comunque un ottimo disco alla sua maniera.

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