L'onda lunga del metal è arrivata in paesi e luoghi che non ti aspetti, come le isole Far Oer, incastonate nel freddo mare del nord, a sud est dell'Islanda. Da qui provengono i Tyr, gruppo ormai abbastanza noto all'interno del panorama metallico europeo e non solo. Il loro percorso prende vita nel 1998: dopo vari demo e un po' di gavetta riescono nel 2002 a pubblicare il primo full lenght della loro carriera intitolato "How far to Asgard". Da quel debutto i Tyr hanno ampliato il proprio raggio d'azione, facendosi un nome in giro per il globo e arrivando ad una notorietà impensabile per una nazione con meno di 50mila abitanti.

Album ben riusciti come "Eric the red" e "Ragnarok" hanno permesso ai Tyr di avere un buon riconoscimento di critica: il loro viking metal leggero e dalle forti tinte power ha avuto pian piano sempre un maggiore successo. "The lay of Thrim" è l'ultima fatica dei Tyr, che ha visto la luce il 27 maggio del 2011, a due anni di distanza da "By the light of the northern star" un cd che non aveva pienamente convinto. Ecco quindi l'occasione per il vocalist Heri Joensen e i suoi fedeli per tornare sul campo di battaglia e cantare nuovi inni agli Dei e alle leggende perdute delle isole natali dei nostri.

Il marchio di fabbrica della band rimane comunque invariato: melodia e pulizia sonora, testi che prendono a piene mani dalla tradizione vichinga e dalla storia e chorus trascinanti. Due sono le considerazioni che mi sono venute in mente subito dopo l'ascolto del cd, una positiva e l'altra negativa. I Tyr possiedono una grande capacità, cioè quella di fare musica stereotipata ma rendendola sempre appetibile e varia: i suoni e l'atmosfera di ogni singolo pezzo sono sempre curati al massimo, e non si può negare una certa qualità nel comporre e nel proporre all'ascoltatore delle canzoni sempre compatte e con un loro sviluppo definito e mai fine a se stesso. In questo senso le canzoni più riuscite sono quelle che più si legano al viking e meno al power, come le cadenzate e splendide "Evening star" e "Konning hans", quest'ultima insieme alla seguente "Ellindur bondi a jadri" cantata in lingua faroese. Eppure si ha sempre l'impressione in questo "The lay of thrim" che tutto sia troppo studiato: la splendida confezione sonora è allo stesso tempo il punto forte e il punto debole dell'album. Un pizzico di manierismo di troppo ha tolto la genuinità degli esordi, quando il gruppo possedeva certo meno mezzi e notorietà di oggi.

Nel complesso però "The lay of Thrim" guadagna una sufficienza piena e assoluta che sarebbe potuta essere qualcosa di ancor più positivo se i quattro membri della band avessero deciso di essere più genuini e meno "tecnicamente freddi". Si ascolta però buona musica, senza particolari cervellismi e con un impatto sincero e assicurato. Una buona uscita, anche se ormai si ha la sensazione che i Tyr non riescano mai a raggiungere la piena maturità artistica.

1. "Flames Of The Free" (4:17)
2. "Shadow Of The Swastika" (4:23)
3. "Take Your Tyrant" (3:55)
4. "Evening Star" (5:04)
5. "Hall Of Freedom" (4:06)
6. "Fields Of The Fallen" (4:59)
7. "Konning Hans" (4:27)
8. "Ellindur Bondi A Jadri" (3:54)
9. "Nine Worlds Of Lore" (4:04)
10. "The Lay Of Thrim" (6:48)

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