Quando si parla di Funeral Doom, le reazioni di chi conosce almeno sommariamente i generi e sotto-generi Metal, in genere sono opposte ed inconciliabili: o si scappa il più lontano possibile dalle band che lo suonano, inorriditi per il senso dilaniante di esasperazione e di dolore che queste propongono, o ci si attacca morbosamente ad ogni nota, prendendola e distillandola in ogni sua più piccola parte.
E i tempi lentissimi e catacombali di questo stuolo sotterraneo che band come Shape of Despair, Skeptcism, Esoteric et similia, sanno sapientemente dosare, ben si prestano a questi esercizi di afflizione interiore e di "esplorazione" incoscia, se si potesse dirne senza imbarazzo. In genere, chi suona e si dedica a questo genere "sferza" l'ascoltatore con melodie al limite del parossismo sonoro, contaminandole con effetti pesanti e poco ortodossi che non fanno che aggravare l'atmosfera già di per sé, per un genere come il Doom, abbastanza rarefatta e dolorosa.
C'è chi, invece, oltre a tutto quanto il corollario di supplizzi sonori fin adesso detti, ci aggiunge una dose forbitissima di sperimentazione avanguardistica e ne ottiene risultati che solo poche ed allenate orecchie riescono ad apprezzare. Per gli altri, per tutti quanti gli altri, il tutto si riduce ad una cacofonia ininterrotta ed insostenibile, cui non vale nemmeno l'onore di essere buttata nella spazzatura. E proprio da questa base si deve partire per saper ben comprendere l'opera dei Tyranny: il fatto che essi comprendano, nelle loro vestigia plumbee, una sperimentazione che però poco ha a che spartire con la melodicità straziante.
Duetto finlandese, di cui si sa poco o nulla, questi figuri sembrano essere stati mandati sulla terra da qualche entità del pantheon Lovecraftiano, tanto è il livore, la truculenza, la disperazione, la morbosa ed accecante oscurità che portano.
Il loro album, questo di cui stiamo parlando e che risale al 2005, è un'opea composta, come si usa in questo genere, da poche canzoni (appena 5) della durata media di 15 minuti l'una, e che rappresentano, una più dell'altra, un passo in più nell'Orrore Cosmico sconosciuto. Quì di melodicità, seppur triste, seppur disperata, non c'è nemmeno l'ombra. O perlomeno, per correggermi, non se ne vede neppur il più piccolo spiraglio: solo chitarre ultra-dilatate, batteria i cui battiti saranno un centinaio e poco più in tutto il disco, voce che va al di là di ogni "grunt" (come si chiama il cantanto nel Funeral Doom), ma che non è altro che un ruggito ininterrotto e disturbante, proveniente direttamente da qualcuno degli insondabili abissi dello scrittore di Providence, loro unica, pare, principale influenza a livello di songwriting.
Tenebre oltre le tenebre, e nulla che possa qualificare l'incredibile riflesso lancinante che i Tyranny sembrano evocare nota dopo nota. Macigni sonori a cui occorrono settimane per abituarsi, strappati di misantropia a cui è difficile dare un aggettivo, figurarsi un nome. E nessuna canzone rievoca una seppur remota speranza. Niente di niente. Tenebre, abissi insondabili e basta.
Forse solamente con l'intermezzo "Upon The War-torn Shape Of Cold Earth"si ha lasenzazione di qualche attimo che rilascia una debole e flebile concessione ad una luce malata da "alba del giorno della catastrofe". Per il resto, solo cupe ed inumane peregrinazioni in paludi sonore che, ed è questo il bello di questa band, si fanno apprezzare per l'estrema non commercialità del suono. Difatti, i Tyranny, alla commercializzazione di un genere che già di per sé non lo è, ed in quei pochi sprazzi dove si dimostra tale, e dove potrebbe darne l'idea, non concedono nemmeno gli stacchi tra un brano ed un altro.
Camminate in una palude di pece come per "Coalescent Of The Inhumane Awareness" o come "Entreaties To The Primaeval Chaos", sono echi lontani (ma non troppo), di un autunno oscuro che non passerà mai, e che non lascia alternative alla fantasia che non siano di morte, di atrocità e di flagello divino. Specie l'ultimo brano, che più che una canzone è un esperimento sonoro dove non c'è traccia di strumenti, ma tutto si amalgama nei campionamenti e nel ribollire di un lago sotterraneo malato, si avverte la percezione del vuoto e dell'inevitabilità degli eventi, e forse è proprio a questo che i Tyranny mirano con il loro suono-tortura: quello di delineare, a chiari tratti e senza nessuna discriminante, la miseria dell'uomo visto come un puntino insignificante nell'universo ed asservito a forze e cosmogonie sconosciute e raccapriccianti, indifferenti al mutare delle cose.
Buon ascolto. Se ne avrete il coraggio, s'intende.
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