Il gruppo (traduzione: Siamo già a casa) fa capo a Miroslav Wanek, poeta e polistrumentista, che in compagnia di amici di particolari bevute, sclera strali strabilianti. C'è difficoltà seria a etichettare questa musica, la difficoltà è che la seriosità mistificata è talmente densa da non essere trapassabile, così che l'approccio all'ascolto deve necessariamente adattarsi alla "pesantezza" di questa infanzia dove un vortice di ripescaggi nel pentolone della storia ci è servito senza ritegno.
C'è una libertà contagiosa nelle canzoni e il cinismo manifestato aiuta ad abbandonar pose. L'aspetto colto e mentale della performance viene continuamente sbeffeggiato all'interno della struttura da un alone di sparizione continua.
E allora ci credo che andiamo in confusione quando sentiamo contemporaneamente dei passaggi prog punk folk noise con spruzzate di cori di soldataglia medievale, che creano un tornado di Carlo IV, Jan Hus, San Nepomuceno, il Golem, Santa Ludmila, Rodolfo II d'Asburgo, Werich, Burian, Panenka, con incluso il "cucchiaio" d'oro e nero della Praga magica.
E questa volta la defenestrazione ce la serviamo da soli in questo pentagramma a chiocciola che ci porta all'ultimo piano per un tuffo c(i)eco dalla Torre della Polveriera. E nella precipitazione ci si disintegra prima di sfracellarsi al suolo, direi che il teletrasporto è piacevolmente immediato.
Si coglie un'atmosfera protoslava dove Cirillo e Metodo predicavano il Verbo in Boemia e Moravia circondati dal rumore della violenza dell'uomo. E la pazzia si combatte con la pazzia e questi menestrelli incasinano bene un elisir di chaos che ci immunizza dalla perdita di senno: follia cosciente, la Fede senza la necessità di "vedere".
Si, siamo a "casa", siamo a casetta konečně...
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