Nonostante le critiche che “Rattle & Hum” ricevette, l’album fu un grande successo commerciale, e venne portato in giro in un piccolo tour tra il Settembre 1989 e il Gennaio 1990. Il 31 Dicembre 1989, nel concerto di fine anno tenuto dagli U2 a Point Depont (Dublino), Bono concluse dicendo: “Questa è la fine di qualcosa per gli U2”. La gente applaudì entusiasta. Nessuno sospettava i tormenti che agitavano lui e The Edge, e cioè quale futuro potesse avere la loro musica dopo il climax di “The Joshua Tree” e l’ottima conferma di “Rattle & Hum”.
Non sappiamo quando iniziarono le registrazioni del nuovo disco. Sappiamo che, però, Bono e Edge avevano deciso di cambiare registro, di non proseguire nello stile semplice e minimale di “The Joshua Tree” and “Rattle & Hum”, e nemmeno tornare alla raffinata ambient music che fece grande “The Unforgettable Fire”. Decisero di cambiare di nuovo provare a dire la loro anche nella musica elettronica. Il batterista Larry Mullen non fu d’accordo; il bassista Adam Clayton rimase perplesso.
Bono e Edge andarono avanti da soli, lasciando i due miti compagni con i loro dubbi. Il 9 Maggio 1990, i due, da soli nella casa del chitarrista a Melbeach, davanti alla costa di Dublino, registrarono “Sick Puppy” (una rozza versione di quella che diventerà “Mysterious Ways”). Ma non venne fuori nulla di davvero definitivo.
Poi ebbe luogo un evento traumatico, che diventerà il concept ispiratore di “Achtung Baby”: la fine del matrimonio tra Edge e la moglie, Aislinn O’Sullivan. Per gli irlandesi, il matrimonio è una cosa sacra, e il divorzio fu un colpo durissimo per tutti i componenti della band. Come disse Bono: “Noi e le nostre mogli ci conosciamo sin da ragazzi. Il divorzio di Edge ci distrusse tutti”.
Allora qualcuno ebbe l’idea di andare via da Dublino, per trovare l’ispirazione (e la serenità) lontano da casa. Si decise di andare a Berlino, dove gli U2 credevano di essere contagiati dall’entusiasmo dei tedeschi per la caduta del muro avvenuta un anno prima. Appena scesi dall’aereo, invece dell’entusiasmo, trovarono un gruppo di nostalgici comunisti della ex Germania-Est che protestavano contro l’unificazione delle due Germanie… Siamo nell’Ottobre 1990.
I quattro e il loro staff si ritrovarono insieme agli Hansa Studios, gli stessi studi dove alla fine degli anni 70, David Bowie, ormai dato per finito, aveva trovato la risurrezione artistica.
Gli U2 cominciarono a lavorare su una canzone che Bono aveva scritto nel 1988 al pianoforte per Nina Simone. Poi decise di tenerla, ma non venne pubblicata su “Rattle & Hum” perché “non era abbastanza U2”. Agli Hansa Studios, la tolse dal cassetto e Edge, per distrarre la mente dal suo fallimento matrimoniale, decise di lavorarci sopra. Si mise alla chitarra e cominciò a sviluppare un’idea che aveva in testa. Bono ricorda: “In quel momento mise tutto il suo dolore, tutta la sua rabbia per il suo matrimonio finito. Non piangeva con gli occhi, ma piangeva con la chitarra. Alla fine dell’assolo si può sentire una corda della chitarra che si spezza, e una seconda corda che si spezza subito dopo”.
Gli U2 lavorarono anche su “Even Better than the Real Thing”, un’altra delle outtakes di “Rattle & Hum”. Ma non fecero veri progressi in nessuna delle due canzoni, per cui, dopo la prima settimana il morale era pessimo, immerso in una tensione palpabile tra i membri della band. Come disse Bono: “Stavo per sciogliere il gruppo e mandare tutti a casa”.
Poi, la mattina dell’11 Ottobre 1990, mentre si lavorava insieme su “Sick Puppy”, a 21 minuti dall’inizio della jam session, Edge inventò un bridge (che non venne mai sviluppato); subito dopo ne abbozzò un altro. Poi tutto si fermò. Edge prese la chitarra acustica e il produttore Daniel Lanois gli disse di suonare il secondo bridge. Tutti rimasero impressionati. Era nata (la melodia di) “One”. Ricorda Mullen: “Tutto stava andando storto. Poi, improvvisamente, ricevemmo questo dono”.
Da quel momento le registrazioni decollarono. Si era ad un passo dallo scioglimento e “One” ridiede a tutti l’unità spirituale che rende possibile l’esistenza di un gruppo. Mullen e Clayton misero da parte i loro dubbiosi retro-pensieri e si misero nel progetto come ai vecchi tempi.
A Berlino gli U2 abbozzarono “Until the End of the World”, che, con grande sforzo, venne completata in Irlanda nel 1991, e che rappresenta uno dei vertici del disco con il suo caratteristico intro con le congas (un’idea di Daniel Lanois), il suo memorabile riff (idea di Bono) e lo stupendo suono “sweeping” della chitarra (idea dell’ingegnere del suono Mike “Flood” Ellis). Il testo parla ancora dell’amore in termini oscuri e lo fa raccontando la storia del tradimento di Giuda dal punto di vista di Giuda stesso, ricordando prima l’ultima cena e poi il bacio nel Getsemani.
“Who’s Gonna Ride Your Wild Horses” è una canzone che (stranamente) gli U2 non hanno mai amato particolarmente, forse perché è la canzone meno elettronica del disco, e, musicalmente non è legata al resto dell’album. In ogni caso, il brano possiede una melodia splendida. Il testo parla ancora delle delusioni d’amore, anche se in modo non estremo. Parla di una ragazza che usa un altro per poi abbandonarlo: “Sei un incidente che aspetta di accadere. Sei un pezzo di vetro asciato là sulla spiaggia”.
“So Cruel” è la piano-ballad dell’album. Il brano si sviluppa su 5 note di piano alle quali si uniscono l’ottimo lavoro di basso di Clayton, la viola e il violino, e la chitarra nell’ultima parte. Il testo è fin troppo diretto ed è, benché scritto da Bono, la confessione triste, fragile e cattiva di Edge verso la sua ex-moglie: “Sono scomparso in te, tu sei scomparsa da me. Ti ho dato tutto ciò che hai sempre voluto. Non era quello che volevi. Gli uomini che ti amano, li odi al massimo. Ti passano attraverso come ad un fantasma. Loro ti cercano ma il tuo spirito è nell'aria. Le sue labbra dicono una cosa, i suoi movimenti un'altra. Dici che in amore non ci sono regole, tesoro. Sei così crudele”.
Dopo il lento, il disco cambia marcia con uno dei più famosi riff degli U2. Entra in scena “The Fly” (la mosca) che, durante il tour di supporto di Achtung Baby, lo Zoo Tour (1992-93), diventerà un vero e proprio personaggio, una specie di “summa” di tutti gli atteggiamenti delle rockstar (occhiali scuri, abito nero, battute al vetriolo, ignoranza e arroganza ostentate). La canzone, musicalmente, è uno dei capolavori di Edge col suo lunghissimo assolo in delay dal sapore psichedelico (2:10 – 3:15), che rappresenta probabilmente il suo massimo risultato effettistico. Con l’eccezione di One, The Fly è il migliore testo del disco, con Bono che, dietro paradossali e ridicole espressioni, parla di tutto: dal possibile scioglimento degli U2, le stelle del rock (“Non è un segreto che le stelle stanno cadendo dal cielo”); dei momenti di oscurità (“Dicono che il sole sia talvolta eclissato dalla luna”); dell’ironico cinismo maturato dopo le terribili critiche ricevute dalla stampa (“Non è un segreto che un bugiardo non crederà a nessun altro. Non è un segreto che la coscienza a volte sia una peste. Non è un segreto che l'ambizione morde le unghie del successo. Ogni artista è un cannibale, ogni poeta è un ladro. Tutti uccidono la loro ispirazione poi cantano del loro dolore”); fino al ritornello con la sua visione disperata dell’amore (“Un uomo striscerà sulla faccia dell’amore come una mosca sul muro”), forse per intendere che, talvolta, l’amore ti fa strisciare come una mosca su un muro, ma il destino di una mosca di un muro è sempre quello di essere schiacciata. La canzone, secondo Bono, “Descrive i sentimenti di un uomo che ha vissuto l’inferno e ora decide di raccontare la sua esperienza agli altri”. Per creare una specie di paradossalità, gli U2 aggiunsero il coro gospel durante il ritornello. Secondo il cantante: “Questa canzone, più di qualunque altra, segna il maggiore distacco dal nostro sound pulito di fine anni 80. Questa canzone siamo noi che scendiamo dall’albero di Joshua”.
“Mysterious Ways” è un'altra rottura con il loro passato con l’uso di un pedale di distorsione particolare (tecnicamente chiamato “Korg A3”) che trasformò la canzone in una specie di hard-funky. Il testo è un momento di idealismo dopo il cinismo del pezzo precedente, con dei versi che idolatrano, la figura femminile. Visto il resto del disco, non è azzardato pensare che si tratti di pura ironia.
Si ritorna alla disperazione amorosa in “Tryin' to Throw Your Arms Around the World” che racconta la storia di un ubriaco che non trova la strada di casa e che, dopo alcune espressioni surreali, maledice le donne, che sono il vero motivo della sua infelicità e della sua notte passata ad ubriacarsi: “Una donna ha bisogno di un uomo come un pesce di una bicicletta” (espressione coniata dalle femministe degli anni 70 che dicevano di poter fare a meno degli uomini).
Ancora disperazione in “Ultraviolet” che inizia col suo organo astratto, con Bono che dai primi versi si butta a terra col suo pessimismo leopardiano: “Non riesco ad essere sempre forte e l’amore non durerà”, prima di passare la palla alle due chitarre di Edge, che, una su una cassa e una sull’altra, fanno da sfondo a Bono in una canzone dai versi che descrivono un uomo che sta cercando di convincere la sua compagna a non abbandonarlo. Sarebbe stata la perfetta introduzione a “So Cruel”, che invece descrive lo stato d’animo di una persona ormai abbandonata.
“Acrobat” è una variante meno fragile ma più forte ed accorata di “Ultraviolet”: un uomo che, con forza, esorta la sua compagna a non lasciarsi andare e a non arrendersi, a “..non lasciare che i bastardi ti schiaccino”. Benché mai suonata live, rimane – giustamente – una delle canzoni più amate da Bono e Edge, per i suoi magnifici (e virili) versi e per la sua strana segnatura ritmica (un 6/8 invece di un 4/4) e il bellissimo lavoro di supporto della chitarra.
Tornati a Dublino, nel 1991, gli U2 lavorarono molto duramente per completare tutte le canzoni. Brian Eno decise di essere presente solo raramente, per non disturbare la band e per avere il necessario distacco per giudicare le canzoni una volta tornato in studio.
A Dublino, Edge lottò parecchio per completare “Even Better than the Real Thing”. L’idea arrivò quando riuscì a trovare in un negozio un particolare pedale (un “DigiTech Whammy”) che gli permise di ottenere gli effetti di suono “liquido” che rendono memorabile il brano. Il testo è un’ironica visione della società che cominciava a configurarsi nei primi anni 90, una società che, invece di cercare la verità, l'arte, il bello etc. preferisce cercare la gratificazione immediata.
Completarono anche “Love is Blindness”, aggiungendo il magnifico organo malinconico che fa da intro, la bella batteria (che non è altro che la campionatura della batteria di I Still Haven’t Found… rallentata) e le terribili liriche simboliste di Bono, che equipara l’amore fallito (ispirato a quello di Edge) a immagini di terrorismo: “In una macchina parcheggiata, in una strada affollata, vedi il tuo amore completamente realizzato. L'amore è un meccanismo ad orologeria. Una piccola morte senza lutto. Niente chiamata e nessun avvertimento”. L’amore può scoppiare (ossia finire) da un momento all’altro, come una macchina imbottita di esplosivo che esplode in strada all’improvviso, quando tu non te l’aspetti, lasciandoti a terra ferito. A 3:00 inizia lo show di Edge che dura fino alla fine, sorretto dal “Tu-tu-tu” di Bono a chiudere magnificamente l’album. Forse il più bel finale in un album degli U2.
Ma, soprattutto, gli U2 completarono “One”, e ci lavorarono fino alla notte precedente la fine delle registrazioni dell’album. All’inizio venne sovraprodotta e questo non piacque a Brian Eno, che, appena la ascoltò, disse che la sua forza emozionale era stata sepolta nella sovrapproduzione. Il produttore fece aggiungere il bellissimo assolo finale di Edge (da 3:48) per mettere un po’ di aceto nell’olio e impedire così che la canzone fosse “troppo ottimistica”. In ogni caso, rispetto al pessimismo disperato che avvolge tutto il disco, “One” è una canzone speranzosa, pur essendo sempre moderata da una grande dose di realismo.
Al di là delle considerazioni musicali, “One” rimane, senza dubbio, il più grande capolavoro melodico degli U2 e una delle più profonde canzoni d’amore mai scritte. Il testo, forse il più grande mai scritto da Bono, “venne dal Cielo” (come lui stesso raccontò), e narra la storia di due innamorati nell’atto di riappacificarsi. L’amore rende due persone una cosa sola, ma non bisogna mai scordare che le differenze permarranno sempre, e bisogna lottare ogni giorno perché le differenze personali non si trasformino in orgogli ed egoismi: “Siamo una cosa sola, ma non siamo la stessa cosa. Dobbiamo sostenerci a vicenda”. In realtà Bono disse di avere scritto le liriche a Berlino, non pensando all’amore tra due persone ma pensando alla band, a quel momento di divisione che lui e i suoi tre compagni stavano vivendo, per spronarli a tornare una cosa sola: “Una canzone agro-dolce su questa divisione e su questa unità tra di noi”.
Per mostrare il grande distacco dai loro dischi anni 80, gli U2 decisero di inserire come intro “Zoo Station”, un brano con sonorità industrial a base di complesse chitarre distorte (con suoni simil-keyboards) e altri complessi effetti, con Bono che canta: “Sono pronto per ciò che sta per venire”, quasi a preparare l’ascoltatore per il seguito, che, tuttavia, sarà molto meno estremo della canzone d’apertura.
Mancava una cosa sola: il titolo. Tutte le canzoni parlano di quanto è difficile amare. Visto il tema trattato, un buon titolo poteva essere “The Dark (Side of) Love”... Scherzi, a parte, avrebbero potuto scegliere un titolo serio e impegnato come i titoli dei loro album precedenti. Invece, per prendere in giro i critici che li avevano ingiustamente insultati dopo la pubblicazione di “Rattle & Hum”, decisero di prendere due parole e appiccicarle insieme. Lasciamo a Bono il resto della storia: “Il titolo è un grande imbroglio. Non significa assolutamente niente. Questo è il nostro album più serio e più triste, con il titolo più ridicolo. Sono solo due parole che suonano bene se pronunciate insieme. Volevamo vedere cosa avrebbero inventato i critici per spiegarne i profondi significati, inventando magari qualche nostra straordinaria illuminazione. E infatti le loro superanalisi non si fecero attendere. Siamo stati quattro miserabili bastardi…”.
(Molte delle informazioni riportate sono prese dallo splendido “From the Sky Down”, il documentario prodotto nel 2011 dalla BBC per celebrare i 20 anni di "Achtung Baby").
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