Dire che gli U2 sono finiti con “Achtung Baby” è eccessivo. Se mettiamo insieme quelle che, per me, sono le canzoni più brillanti di “Zooropa” (“Lemon”, “ Stay”, “ Zooropa”, “Numb”), del periodo “Passengers” (“Miss Sarajevo”, “Your Blue Room”, “Hold Me, Thrill Me, Kiss Me”) e di “Pop” (“Discotheque”, “Gone”, “If God Will Send His Angels”, “Staring at the Sun”, “Please”), abbiamo un bel disco.
Ovviamente fare tre dischi brutti/ inutili /discreti (scegliete voi l’aggettivo), da 7 milioni di copie l’uno (queste sono le cifre), fa meno arte ma più soldi di un unico discone da 12 milioni di copie. Senza questa avidità, avrebbero fatto un solo eccellente album (anche se non un capolavoro) e oggi apprezzeremmo anche gli U2 dopo il 1991, che non sono stati quelli degli anni 80, ma che, nonostante tutto, ci hanno lasciato tante belle cose e anche qualche gioiello.
Dunque, la loro avidità mi permette, in un certo senso, di giustificare la loro discontinuità post "Achtung Baby".
Invece, “All That You Can’t Leave Behind” non lo posso giustificare. È il loro disco più insipido, e più costruito (cioè buono per accontentare tutti, senza disturbare nessuno). Anche “Joshua” era un disco “per tutti”, ma aveva una classe immensa e dei capolavori da inchino, e riusciva, ad essere popolare senza essere ruffiano. Questo invece ...
Ricordo benissimo un’intervista di Bono alla fine di Agosto del 2000. Disse, molto sicuro di se, ma senza un briciolo di arroganza: “Questo disco vi stupirà. È il nostro ritorno alle origini. Dopo quasi 10 anni, finalmente siamo tornati a fare al meglio quello che sappiamo ”. Andai in estasi. Ero pronto ad un “Achtung Baby” senza tecnologia. Cosa volere di più?
Potete immaginare, quando lo misi nel CD-player e partì “Beautiful Day”. 3 anni di attesa, e sarebbe questo il singolo di lancio? Una canzone senz’altro gradevole, ma per quel che mi riguarda, davvero di bocca buona. “Discotheque” (il singolo di lancio del disco precedente), al confronto, è un gioiello - e peraltro aveva anche un arpeggio U2 vecchia scuola.
Si passa a “Stuck in a Moment” - certamente un classico del gruppo. Ma bisogna fare dei distinguo. È una canzone di spessore, perché parla della morte di un amico. Perché una canzone così non è stata arrangiata in modo minimale, con quei fraseggi di chitarra di Edge che hanno fatto la storia degli U2? E soprattutto, questo uso eccessivo di tastiere sarebbe un ritorno alle origini? Una canzone che avrebbe gli attributi, ma hanno scordato di impiantarglieli. Un capolavoro mancato. Ma, in fin dei conti, una grande canzone – e non è poco.
“Elevation”. Un’altra canzone che ti entra subito in testa, ma capisci subito che qui siamo, per me, anche sotto a “Beautiful Day”. Qui la melodia è al limite del banale, e, per giunta, è la tecnologia a farla da padrone. Sto ancora aspettando il ritorno alle origini.
"Walk On”. Finalmente le origini. Non mi emoziona come “Stuck in a Moment”, ma non ha i difetti di arrangiamento di quest’ultima. Splendida. Un altro classico del gruppo. La struttura - fateci caso - è identica a quella di “Until the End of the World”.
“Kite” è un ottimo lento - anche se niente di trascendentale. Più che nella melodia, è il lavoro di Edge che rende memorabile la canzone. Il cambio nella parte cantata è molto buono e capace di emozionare. Un’ ottima canzone; il “capolavoro”, come lo definiscono alcuni, non esiste proprio.
“Peace on Earth”, ha una melodia molto bella, ma è cantata troppo soft. Bono sembra un dolce e ingenuo fanciullo dell’asilo che dice “viva la pace”: davvero irritante. Dal punto di vista musicale, la chitarra acustica non capisco a cosa serva, quando è la canzone stessa a chiedere la chitarra di Edge, che appare solo per qualche secondo a metà pezzo, per sparire subito dopo. Che bel ritorno alle origini …
“When I Look at the World”, “In a Little While”, “Wild Honey”, “Grace” e “New York”. Qui, per me, il limite della mediocrità è superato. Sono canzoni prodotte benissimo e qualcuna anche gradevole, che, però, tutti avrebbero potuto scrivere. Canzoni davvero ordinarie.
Ciò che è strano è che gli U2 pubblicarono, in questo periodo, una B-side, intitolata “Summer Rain”, una ballata acustica che, come “canzone ordinaria e senza pretese”, è molto, molto meglio delle 5 precedenti – certamente meglio dell’altra ballata acustica: “Wild Honey”. Un’altra delle loro assurde B-side. Andate ad ascoltarla.
I numeri di “All That You Can’t Leave Behind”: 12 milioni di copie vendute, innumerevoli Grammy e celebrazioni, da parte dei più quotati critici del mondo, che lo definirono – udite, udite – “il loro terzo capolavoro dopo “War” e “Joshua””.
Tornando alla realtà, mi viene in mente un sostantivo: delusione; un verbo: dimenticare; un aggettivo: bugiardo (perché non è un ritorno alle origini).
Parlando della copertina solo un aggettivo: orrenda.
Dare un voto non è facile. Giudicato nelle singole canzoni è discreto (2.5 stelle), perché in mezzo alle mediocrità, vi troviamo comunque – pur con tanti se e ma – due classici, e due ottime canzoni (“Kite” e “Peace on Earth”), e un singolo, in fin dei conti gradevole e memorabile, come “Beautiful Day”.
Ma globalmente non posso dargli 3 (pienamente sufficiente/buono), nonostante la confezione oggettivamente perfetta. Puzza di spirito di mediocrità in modo troppo evidente, in almeno 5 canzoni.
Troppo poco per un disco a cui hanno lavorato per tre anni.
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