Durante il “The Joshua Tree Tour” (Marzo – Dicembre 1987) gli U2 avevano abbozzato alcuni brani. Tornati a casa si rimisero al lavoro per trasformare le idee melodiche in idee musicali. Il risultato è l’ottimo “Rattle & Hum”, pubblicato nel 1988, apprezzato dal pubblico (sette milioni di copie) ma stroncato senza vere ragioni (musicali) da tanti critici.

“Rattle & Hum” può essere visto come una sorta di “The Joshua Tree, parte II”, con i suoi sentimenti di amore-odio verso gli Stati Uniti e con l’esplorazione ancora più diretta della musica americana che ha prodotto alcuni risultati che superano di gran lunga diversi brani del celebrato lavoro dell’anno precedente.

Si parte con una strepitosa performance di Bono che canta “Helter Skelter” dei Beatles. Prima della canzone, il cantante dice: “Questa è una canzone che Charles Manson rubò ai Beatles. Noi ora la rubiamo a lui...”, ricordando Charles Manson, lo squilibrato che raccontò di aver trovato ispirazione da questa canzone prima di compiere la famosa carneficina di Bel Air in cui rimase uccisa Sharon Tate, la moglie del regista Roman Polanski. I critici si infuriarono con Bono per questa frase che, secondo loro, sottintendere la presunzione degli U2 di sentirsi pari ai Beatles. Da qui l’origine delle assurde stroncature che l’album subì.

Dopo la frustata iniziale, ci si cala nella pace di “Van Diemen’s Land”, dove è Edge a cantare – supportato soltanto dalla dolcissima chitarra elettrica senza distorsione, e dall’organo nel finale. Le liriche narrano, in prima persona, la storia di John Boyle O'Reilly che lottava per l'indipendenza dell'Irlanda e che venne mandato in esilio in Tasmania (un’isola del continente australiano scoperta da Van Diemen, da cui il titolo) dal governo inglese per vent’anni.

Si ritorna all’energia iniziale con “Desire”, il tentativo degli U2 di fare un rock-blues americano, e nel quale Bono ironizza sugli aspetti più controversi dell’America (“Lei è i dollari; lei è la mia protezione; si lei è una promessa nell'anno delle elezioni”), parlando della facilità nel procurarsi armi negli Stati Uniti (“Sul bancone con un fucile; molto presto tutti ne avranno uno”), e dei predicatori evangelici che dominano le televisioni americane (“Sono come un predicatore che ruba cuori ad uno spettacolo ambulante. Per amore o per soldi, soldi... ?”). La canzone funziona abbastanza bene ma la versione che gli U2 suonarono durante il “Lovetown Tour” (1989/90) era nettamente superiore all’originale e amatissima dal pubblico, con un sorprendente Edge che usa la chitarra giusta e dà alla canzone quel sapore blues che nella versione-disco non è così presente. In questa versione live, Bono aggiungeva a una strofa e poi lasciava la scena al chitarrista che abbandonava la sua filosofia minimalista e si lasciava andare con le note.

Un organo ci fa entrare in “Hawkmoon 269”. La canzone venne scritta quando Bono si trovava in tour, e sentiva la mancanza della moglie. Il brano è un mix elettrico e acustico di Edge che si sviluppa in un lento crescendo. Verso la fine del pezzo, entra in scena un emozionante coro gospel che completa il brano. Il 269 sta ad indicare il numero dei mix che furono necessari prima di editare la canzone. Tre settimane di duro lavoro.

Una bellissima performance live di “All Along Watchover” (classico del grande Bob Dylan, registrato l'11 Novembre 1987 a San Francisco nella Justin Herman Plaza) ci porta  alla versione gospel di “I Still Haven’t Found What I’m Looking For” (registrata insieme al coro gospel "New Voices Of Freedom" di  Harlem).  All’uscita dalla chiesa in cui ebbe luogo la registrazione, gli U2 trovarono un musicista di strada che cantava la canzone “Freedom for my People”, che si decise di lasciare nell’album.

Si passa ad un’altra esibizione live, dalla struttura blues, “Silver and Gold”, una B-side di “The Joshua Tree”, scritta interamente da Bono, che canta la storia di un uomo nero di Johannesburg (Sud Africa), e la sua ribellione all’apartheid, e che apre alla perfezione la strada a “Pride”, la bellissima celebrazione ad un altro profeta dell’antirazzismo, Martin Luther King.

Si torna ai brani inediti con la classica “Angel of Harlem” (scritta e abbozzata durante il “The Joshua Tree Tour”), dedicata alla celebre cantante jazz Billie Holiday (Lady Day), sublime voce d’angelo (da cui il titolo), ma anima fragile, morta a soli 44 anni per i suoi abusi di alcol. La versione abbozzata si può trovare nel film “Rattle & Hum”. Nella versione remixata del disco, sono le magnifiche trombe a rendere la canzone tra le più memorabili del gruppo.

“Love Rescue Me” è uno dei gioielli melodici della band, scritto da Bono insieme a Bob Dylan verso la fine del “The Joshua Tree Tour”. Facile immaginare la grandezza delle liriche, scritte con la collaborazione dal più grande poeta della musica popolare. Il testo parla del potere redentivo dell’amore (umano e divino), da cui il titolo (amore redimimi). La canzone parla dal passaggio dalla morte interiore (“Sono qui senza un nome nel palazzo del mio peccato”) alla nuova vita e alla speranza che questa nuova vita porta con sé (“Ho sconfitto il mio passato, il futuro è qui infine io resto fermo all'entrata di un nuovo mondo che riesco a vedere le rovine alla mia destra mi perderanno presto di vista”).

“When Love Comes to Town” è un semplice ma gradevolissimo mix di blues americano (a opera del celebre B.B. King) e di blues scintillante di Edge. Il testo è una variante sul tema dell’amore che salva la nostra vita, con un chiaro riferimento a Cristo e alla sua crocifissione. La città indicata nel titolo non è altro che la nostra anima che si redime e cambia quando viene invasa dall’amore.

E si passa alla splendida “Heartland”, una canzone che venne abbozzata durante le registrazioni di “The Unforgettable Fire” e che, all’epoca, non venne completata. Qui siamo in presenza della magia del suono della chitarra di Edge e della toccante melodia di Bono, supportata da controcanti davvero ispirati. La terra del cuore non è altro che l’America. La canzone è una specie di diario di viaggio lungo la celebre Route 66, che “come un fiume attraversa questa terra”, e che, partendo da Chicago arriva direttamente a Los Angeles, passando dalle città fantasma fino al deserto della Death Valley.

“God, Part 2” è Bono che fa una lista di tutto quello a cui non crede e che annovera alcuni versi stupendi: “Non credo al diavolo e al suo libro, ma la verità non sarebbe la stessa senza le sue bugie. Non credo nell'eccesso; il successo è nel dare. Non credo a coloro che mi dicono che non c'è rimedio. Non credo nella cocaina”. Poi il cantante va oltre con l’imprudente verità: “Non credo che il rock and roll possa davvero cambiare il mondo. Non credo negli anni sessanta l'epoca d'oro del pop. Tu glorifichi il passato quando il futuro si prosciuga”. Il cantante della più famosa rock-band del mondo che parla contro gli anni 60. È lapalissiano che i critici innamorati di quel decennio cominciarono a sputare veleno contro gli U2, dimenticando completamente la cosa più importante: le canzoni.

Dopo la versione live di “Bullet the Blue Sky”, si passa al capolavoro dell’album: “All I Want is You”. La chitarra acustica ci introduce alla bellissima melodia sorretta da un organo angelico, a cui si unisce la chitarra elettrica con il suo suono pulitissimo a fare da supporto alla canzone. Tutto canonico, ma il risultato è uno dei migliori del repertorio della band. Il testo è una splendida canzone d’amore che sembra dire che si può anche cadere in una tentazione, ma se c’è l’amore, le debolezze personali non possono scalfirlo. Il lungo finale di due minuti di violino chiude alla perfezione il disco.

Non un capolavoro, ma senz’altro un album eccellente, nonostante il discutibile mix di inediti e brani live. Un disco di inediti e uno di pezzi live del “The Joshua Tree Tour” (su tutte la “With or Without You” in versione allungata) sarebbe stato molto meglio.

Con “Rattle & Hum” termina la storia degli U2 negli anni 80, la loro pagina più gloriosa. La loro avventura si sarebbe potuta fermare qui se non avessero fatto appello a tutte le loro capacità di reazione per superare le critiche velenose e insensate che ricevettero dopo questo disco. Ma, per fortuna, nostra e loro, ci riuscirono.

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