Per capire questo album, ci sono due possibili spiegazioni. Delle due l’una: o gli U2 sono diventati improvvisamente idioti, o sono diventati degli avidi vigliacchi.
Poiché nessuno diventa idiota improvvisamente, l’avidità e la vigliaccheria sono la (banale) spiegazione di questo assurdo ibrido di live e inediti, che venne pubblicato solo un anno e mezzo dopo “Joshua”.
Cerchiamo di chiarire. Siamo nel 1988. Gli U2 sono ormai diventati la band più popolare al mondo e “Joshua” continua a ricevere (esagerate) celebrazioni. Gli U2, benché quasi trentenni, non sono in grado di sopportare tutto questo.
La storia spesso si ripete, e conoscendo molto bene quanto il mito (gonfiato) di “Pepper” divenne pesante e fu una delle (varie) cause dello scioglimento dei Beatles, capisco bene quanto dovette essere terribile per gli U2 vivere sotto l’ombra dell’ “ Albero”.
La ragione dell’ibrido è proprio questa: gli U2 ebbero paura di pubblicare un vero seguito a “Joshua” (troppo sovrastati dal suo mito) e allora misero le canzoni nuove in mezzo ai live, pensando che questo album sarebbe stato giudicato come un live con qualche inedito. Peccato che gli inediti siano 9… ; avessero avuto 5 sole canzoni potrei capire, ma con 9 inediti proprio no. Chi pensavano di prendere in giro? Al trucco, infatti, non ci cascò nessuno – tranne i fan più fedeli.
Purtroppo non è finita qui. Capisco benissimo che dopo aver fatto un capolavoro - e “Joshua, con opportune precisazioni, lo è senza dubbio - ci si può domandare: saremo in grado di fare cose grandi come quelle fatte in passato? È umano. Allora, logica vuole che quando c’è troppa celebrazione intorno, la cosa migliore sia scomparire. Gli U2 avrebbero potuto sparire dalla circolazione per qualche anno, metabolizzare le celebrazioni e valutarle per quello che sono…, e poi tirare fuori, con la serenità ritrovata, un grandissimo disco. Invece – mi fa davvero male dirlo – per avidità di denaro non riuscirono a non cavalcare lo stratosferico successo commerciale di “Joshua”.
E fu un altro incredibile successo commerciale: ad oggi 14 milioni di copie vendute, un paio sotto “Achtung Baby” (che però aveva “One” come singolo…).
La vigliaccheria di non presentare un vero seguito a “Joshua”, annacquandolo in un “finto live”, l’avidità di cavalcare la domanda del mercato, la pretenziosità di fare gli esperti divulgatori della tradizione musicale americana di cui, in realtà, non sapevano quasi nulla, e poi l’ atteggiamento profetico di Bono in “Silver and Gold” – davvero al limite del ridicolo – provocarono (letteralmente) gli insulti della critica. Io non vado molto d’accordo coi critici, ma questa volta è impossibile non essere d’accordo con loro.
Durante lo Zoo Tour, Bono ammise candidamente: “Fare “Rattle and Hum” è stata una cazzata” (cf. Bill Flanagan, “Gli U2 alla fine del mondo”). Parole sante. Questo disco è, nella sua concezione, una cazzata colossale, un’ingenuità così grande come ne ho visto raramente in vita mia. Gli U2 hanno praticamente chiesto di essere stroncati.
Se devo giudicare l’ibrido live-inediti è 1 fisso – voto che non darei a nessun disco.
Ma, si sa, “L’amore rende ciechi”. E il mio amore per il gruppo mi rende cieco. Farò dunque finta di non vedere le canzoni live, e recensirò “Rattle and Hum” come (dignitoso) seguito di “Joshua”.
La recensione potrebbe benissimo finire qui. Il resto è un track-by-track e quindi, se non vi interessa, non leggetelo.
Vediamo anzitutto il disco senza i live. 1. Van Diemend’s Land 2. Desire3. Hawkmoon 2694. Angel of Harlem5. Love Rescue me6. When Love Comes to Town7. Heartland8. God II9. All I Want is YouAndiamo a vedere le singole canzoni.
“Van Diemen’s Land” è dedicata al poeta John Boyle O'Reilly, che lottava contro il governo inglese per la liberazione dell’Irlanda. Venne deportato nella "Terra di Van Diemen" (l'attuale Tasmania), dove venivano mandati tutti i prigionieri politici. La melodia è ispirata ad una ballata classica irlandese intitolata "The River is Wide”. Edge ci mise la sua splendida chitarra scintillante, e la sua voce (bellissima), rendendola un capolavoro – almeno per me.
“Desire” è una gradevole canzone (radiofonica), che sarebbe stata meglio mettere come intro per la sua indubbia energia. Sul testo c’è una frase dove Bono si prende in giro: “Sono come un predicatore che ruba cuori in uno spettacolo ambulante. Per amore o per soldi, soldi... ?” Purtroppo in “Silver and Gold” distruggerà questa ironia, prendendosi un po’ troppo sul serio ...
“Hawkmoon 269” è una canzone con un’ idea ripetuta all’infinito, ma capace di emozionarmi e di toccarmi. Pur nella sua semplicità e ripetitività (nella musica e nelle liriche) non mi annoia mai. Il testo è una lettera di Bono a sua moglie, scritta durante la tournée del 1987. Le dice continuamente “Ho bisogno del tuo amore”. Semplice ma efficace.
“Angel of Harlem” è una canzone che non mi ha mai fatto impazzire, ma di sicuro impatto e arrangiata molto bene con le trombe. Un altro singolo radiofonico, di maggiore classe rispetto a “Desire”.
“Love Rescue Me” venne scritta insieme con Bob Dylan. Questi sono gli U2 che mi piace sentire. Canzone di spessore, anche se richiede pazienza all’ascoltatore. Uno dei più bei lenti del gruppo. Non capisco perché Edge non vi abbia messo la sua chitarra scintillante. Probabilmente non lo fece perché altrimenti sarebbe stata troppo simile a “Heartland”.
“When Love Comes to Town”. Su questa canzone devo spendere qualche parola in più. Gli U2, durante il “The Joshua Tree Tour” del 1987, decisero di fare una “collaborazione commerciale” con B.B.King (celebre bluesman e mito di Jimi Hendrix). Con B.B. King accanto, gli U2 avrebbero trovato ancora più simpatia negli USA, mentre B.B. King, che viveva un momento di crisi, avrebbe, come disse lui, “ritrovato credibilità discografica”. Messo da parte l’aspetto morale che sta dietro tutti i duetti, giudichiamo la canzone in sé. Devo dire che è meno peggio di quello che pensavo. Si tratta di un pezzo gradevole, anche buona se vogliamo, ma del vero blues classico da lasciarti in silenzio durante e dopo l’ascolto non c’è nulla. Più fumo che arrosto. Sarebbe stato molto bello ascoltare un lento blues classico fatto con la chitarra di Edge. Inoltre, in questa canzone, non c’è mai vera simbiosi fra i due chitarristi: Edge fa il suo lavoro e B.B. King il suo. Mi sembrano due separati in casa. Riguardo al cantato, B.B. King mi piace molto. Bono non è da buttare via, ma, come si dice: “Se vuoi cantare il blues devi essere un nero, o devi aver sofferto come un nero”.
“Heartland” è la chitarra di Edge in tutto il suo splendore – a cui si unisce un buon lavoro di basso e un discreto ma bel lavoro di batteria. I controcanti sono perfetti, e toccano le corde dell’ emozione. Eccellente il finale, quando il vocalizzo di Bono si unisce alla chitarra malinconica. Uno dei capolavori dimenticati degli U2.
“God, part 2” è il nulla, musicalmente parlando. Quello che conta qui è il testo. Bono ricevette molte critiche, e lo si accusò di credersi il nuovo John Lennon – che venti anni prima aveva scritto la sua rassegnata “God, in cui diceva di non credere in nulla, ma solo in se stesso e in Yoko Ono. Bono decise di scrivere il seguito. Nei versi dice di non credere in tutta una serie di cose, ma di credere nell'amore. L’idea non mi dispiace, ma serviva ben altra musica. Inoltre, se avesse intitolato la canzone più modestamente “I Believe in Love” , questo pezzo non avrebbe fatto tutto il chiasso che fece, e non si sarebbe preso le accuse di manie di grandezza.
“All I Want is You” è un altro dei capolavori degli U2, sul quale non servono parole. Un solo appunto: un minuto e venti di conclusione è davvero troppo.
Non mi piace il titolo dell’album – ripreso da un verso di “Bullet the Blue Sky”. Il tema dominante di quasi tutti i pezzi è l’amore, e “Love” sarebbe stato il titolo migliore - magari banale, ma migliore.
Giudicato con i soli inediti è un album buono, diciamo un 3.5 stelle, molto easy in un paio di episodi (“Angel of Harlem” e “Desire”), mediocre in un altro paio (“Love Comes to Town”, “God, part 2”), ma con una canzone emozionante (“Hawkmoon 269”) e quattro dei migliori pezzi mai registrati dal gruppo (“Heartland”, “Van Diemen’s Land”, “Love Rescue Me”, e “All I Want is You”).
Se penso che, invece di questo disco inutile, avrebbero potuto fare un vero live e che “Heartland”, “Van Diemen’s Land”, “Love Rescue Me”, e “All I Want is You” sarebbero finite dentro “Achtung Baby”, mi viene quasi tristezza…
Ma forse senza questo disco inutile e le critiche che ne seguirono, “Achtung Baby” non sarebbe stato così grande. Furono infatti le critiche terribili ricevute per “Rattle and Hum”, che li costrinsero a tirare fuori gli attributi, come non mai e come mai più, mandando al diavolo “Joshua” e tutto il suo soffocante mito, e a tirando fuori l’album più cazzuto della loro carriera, il “capolavoro della maturità” – purtroppo, ad oggi, l’ultimo capolavoro della loro storia. “Achtung Baby siamo noi che finalmente scendiamo dal “Joshua Tree””. (Bono)
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