"Vi è una sorta di Apartheid musicale in alcune parti del mondo, soprattutto in USA. Secondo la teoria di questa gente, se fai parte di una rock n' roll band devi rimanere incastrato dall'etichetta che ti è stata data. Trovo sia ingiusto; noi siamo una rock n' roll band, e sperimentiamo i suoni dei rave, della black music"

Bono durante un'intervista riferendosi al PopMart Tour.

L'indole spiccatamente punk che i primi U2 mostravano da giovanissimi, è la stessa che nel bene e nel male li ha sempre spinti ad osare, quando molti altri grandi nomi si adagiavano sugli allori di una consolidata scaletta in stile greatest hits.

I passi falsi, i quattro li ammetono senza troppi giri di parole. Per esempio, ad oggi, non sembrano convinti al 100% di aver fatto bene ad aver pubblicato Rattle & Hum (secondo il sottoscritto fu una grande cosa invece).

Il punto. Perché soffermarsi in questa recensione sugli anni novanta della band irlandese? Perché a parere di chi scrive, si trattò di una fase artistica importante per i quattro tanto quanto quella del decennio precedente.

Rari sono i casi di artisti le quali produzioni risultano così diverse tra loro. Non è forse singolare che Where The Streets Have No Name e Numb siano brani composti dalle stesse menti?

Durante il decennio trattato, Bono e soci giocarono con la saturazione del loro ego -a mo' di presa in giro- parodizzando lo show business più colorato e marcio; qui sta la differenza tra fare gli scemi ed esserlo.

Come una sorta di Roger Waters che interpreta un malvagio generale, Bono interpretava la rockstar dissoluta che i media avrebbero voluto egli fosse. Siete stanchi della mia figura così seria e composta? Eccovi allora lo stronzo.

Stessa ragione che spinse ad organizzare show immensi (ZooTv Tour e PopMart Tour).

Ingressi plateali, astronavi a forma di limoni e travestimenti. Maxischermi raffiguranti immagini di guerra e consumismo sfrenato. Un clima da circo che però voleva mostrare qualcosa di più profondo.

Gli anni novanta furono gli stessi che videro la nascita degli haters della band -causa- gli impegni umanitari di Bono in giro per il mondo mal digeriti da una fetta di opinione pubblica (argomento particolarmente complesso che non credo si addica alla recensione).

Dal punto di vista musicale (che poi diciamocelo chiaramente, è quello che conta) questa compilation è davvero completa e ben confezionata. Addirittura sono compresi i mix di Mike Hedges su alcuni pezzi dell'album Pop in nuove versioni che, onestamente, sono migliori delle originali. Discoteque più asciutta e ben strutturata col suo bel riff che apre le danze, per esempio.

Presenti anche molti brani chiaramente reduci da Achtung Baby, ma anche la dura Hold Me, Thrill Me, Kiss Me, Kill Me dalla colonna sonora di Batman Forever; pezzo che originariamente doveva essere incluso in Zooropa. Il testo potrebbe essere associato a quello di The Fly sotto vari aspetti.

Miss Sarajevo fu parte del progetto Passengers, assieme al fidato Brian Eno. Struggente e malinconica, vide la partecipazione di Luciano Pavarotti.

Un ventenne non avrebbe potuto scrivere un brano come Gone, in cui Bono mette in discussione i propri meriti, o come MoFo, profonda dedica alla madre seppur sorretta da una base pesantemente elettronica.

Electrical Storm è purtroppo un pezzo raramente suonato live. Vanta la collaborazione di William Orbit e della sua intro eterea. Una semplice ed efficace dedica pop rock che secondo me si annovera tra le loro migliori produzioni.

Questo scritto risulterà disordinato proprio come gli U2 definiti dallo stesso The Edge:

"Abbiamo bisogno di un certo disordine tra un disco e l'altro, abbiamo bisogno di nuove idee e nuovi spunti. Iniziamo sempre le registrazioni pieni di entusiasmo, come fossimo al nostro esordio"

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