Ed eccoci al nuovo singolo degli U2, anticipazione dell’imminente album “Songs of Experience”, alle innumerevoli esaltazioni dello stesso da parte della stampa e, soprattutto, ai commenti dei “derecensori” storicamente amanti della band irlandese.

A parte quest’ultima bugia, indubbiamente ogni volta che i quattro dublinesi pubblicano qualcosa di nuovo la mia domanda di fan storico ma sempre più con uno sguardo distaccato verso la loro più recente produzione è: “E’ proprio il caso di continuare? Hanno ancora qualcosa da dirci?”.

Tutto nel singolo è oggettivamente inattaccabile: alternanza di strofe e ritornello, cantabilità già al secondo ascolto, durata di 4 minuti radiofonicamente perfetti, tutti i suoni che ti aspetti da The Edge e la classica canzone U2 con tema l' amore, in questo caso filiale, cantati con trasporto da Bono… ma cosa non va? La canzone mi piace, probabilmente la imparerò presto con la mia chitarra e durerà qualche settimana nella mia setlist digitale ma poi sparirà progressivamente e inesorabilmente come tutte le canzoni, anche belle, appartenenti al loro precedente “Songs of Innocence” e “No Line on the Horizon” mancanti di quell’ unforgettable fire sincero e pulsante di tanti anni fa.

E’ ammissione difficile per chi tanto li ha ascoltati dagli anni 80 agli inizi del 2000, incurante delle critiche altrui e del fatto che si fossero trasformati in falsi profeti mediatici, rappresentando contemporaneamente la parte più bigotta del jet set. Oggi allietano qualche istante della mia vita ma spariscono veloci, come un qualsiasi “ex grande gruppo” che non ha ancora deciso di dire basta. Mia moglie l’altra sera mi diceva che assomigliano sempre più ai “Pooh” e, guardandoli, ammetto che qualcosa di tristemente vero nella battuta c’è. E’ una mia visione personale, chi apprezza questa canzone non me ne voglia, è semplicemente un guardarmi allo specchio in modo sincero e ammettere che non mi dicono più nulla.

I Police furono grandi anche perché decisero di sciogliersi al loro apice creativo, ancora molto giovani. David Bowie ha prodotto uno dei suoi migliori album alla soglia dei 70 anni. Gli U2 possono ancora stare nel mezzo di queste scelte ma credo che debbano farne una presto, decidendo se appartenere alla categoria dei dinosauri rock oppure non perdere più un pezzo della loro dignità artistica a ogni nuova uscita discografica.

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