"Quando tutti sono diventati mostri, è l'unico normale ad essere il vero mostro"

Attenzione: nella recensione si svela la trama e il finale.

Tra poco saremo invasi dall'ultimo film con Will Smith, "Io sono leggenda", tratto dall'omonimo romanzo di Richard Matheson pubblicato per la prima volta nel 1954. Parecchi ricorderanno la storia dell'ultimo uomo ad essere rimasto vivo sulla terra, mentre il resto dell'umanità distrutta da un virus si è trasformata in una sorta di popolazione di non-morti che si risvegliano solo di notte. Alcuni avranno anche visto la discutibile trasposizione cinematografica fatta nel 1971 da Boris Sagal con Charlton Heston in "1975 - Occhi bianchi sul pianeta Terra", dove l'attore (mitico presidente della National Rifle Association !) se ne va di giorno tra i grattacieli di una deserta metropoli americana a stanare i "diversi" con il fucile mitragliatore.

Pochi invece sanno che i primi a portare sullo schermo quel romanzo apocalittico fummo noi italiani. Già, proprio così. Nel 1964 il film doveva essere prodotto in Inghilterra dalla Hammer, la casa specializzata in film horror, ma fu assegnato all'A.I.P. di Roger Corman che lo ambientò a Roma affidando la regia a Ubaldo Ragona, un bravo operatore passato alla regia, e il ruolo del protagonista a Vincent Price. E fu una fortuna, non dal punto di vista economico, si intende, ma da quello del culto cinefilo.

E per forza: immaginate un film girato con pochi soldi in un bianco e nero sgranato, dove il dottor Robert Morgan è costretto ad un'esistenza solitaria appendendo collane di aglio e specchi alle porte del suo villino, vagando di giorno sulla sua giardinetta Chevrolet per le strade deserte del moderno quartiere EUR di Roma (doveva dare l'impressione di una metropoli americana). Dalle Fiat 500 abbandonate spuntano corpi senza vita che lui pazientemente bada a trafiggere con i paletti di legno di cui si rifornisce al bricocenter abbandonato per poi tornare di corsa a casa a barricarsi prima che faccia buio..

Deve farlo perché proprio quei corpi riversi per le strade di notte si risvegliano e circondano il suo villino minacciandolo di morte, proprio come il suo ex amico Ben che è tra i più esagitati nel chiamarlo fuori. Un virus si è propagato con il vento e fortunatamente l'unico ad essere immune è lui. O sfortunatamente? Già, perché Robert sta per impazzire con i suoi discorsi rivolti solo e sempre a se stesso e i ricordi della sua famiglia distrutta che lo tormentano. Ma farà a sue spese una grande scoperta: non esistono solo i vampiri ormai dannati che lo assediano di notte E allora in un apocalittico finale è costretto a rifugiarsi in una chiesa e proprio come un messia involontario dovrà sacrificare il suo sangue dall'altare per il "bene" della nuova razza ibrida che invece convive con la "malattia".

Assolutamente in anticipo sui tempi, lo stesso George A. Romero con la sua "Notte dei morti viventi" quattro anni dopo gli deve molto per quella splendida immagine degli zombi zozzi, scemi e caracollanti che assediano la casa. Nella migliore delle ipotesi il film con Will Smith ci spaventerà, questo invece lascia una sensazione di amaro in bocca, pervade una sottile angoscia che già è palpabile nella realtà della mia città sommersa dall'immondizia da mesi.

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