Di dischi come questo in Italia non se ne vedono spesso, e sempre meno se ne vedranno data la fortuna commerciale che ottengono (gli Üstmamò alla fine si sono sciolti).

Si può mischiare trip-hop, folk, techno, rock e funk in un album cantato in italiano e perfino in dialetto? Per questo gruppo emiliano la risposta è stata sì. Nel 1998 infatti hanno presentato al mondo il loro disco più riuscito, e il mondo se n'è appena accorto con una manciata di buone recensioni e "passando" due singoli in radio per un mesetto. Ma canzoni come queste, con suoni così curati e originali, con testi così intimi e avvolgenti, meritavano molto di più! Si parte da "Cosa Conta", la loro canzone più "famosa", caratterizzata da un ipnotico ritornello cantato dalla bravissima Mara Redeghieri con un filo di voce acuta e tagliente degna della migliore Antonella Ruggero. "Nostre Altre Vite" è un geniale misto di suoni zen e folk che mette in risalto una cura del dettaglio e una freschezza di scrittura uniche. "Kemiospiritual" è l'altra canzone che qualcuno forse si ricorderà nonchè la punta dell'intero lavoro: melodia orecchiabile ma per niente banale, la solita attenzione nell'arrangiamento e un ritornello travolgente.

Episodio unico credo in tutta la discografia italiana è invece la successiva "Mai Più", autentico pezzo di puro trip-hop con tanto di "screcciate" e atmosfera sospesa che potrebbe benissimo essere uscito dalla penna dei Portishead. Interessante, anche se non una novità per gli Üst, "Open Cojon" è una divertente ballata quasi reggae sussurrata in un morbido dialetto per niente imbarazzante come si potrebbe pensare. Il disco tocca un altro dei suoi vertici con l'intensa "Minimale", dove il genere giamaicano ritorna mischiato sapientemente con trombe e basi elettroniche. "Rosa Di Rabbia" e "Stammi Vicino" sono invece da notare per i finissimi testi della Redeghieri, ma è con "Opera Soap" che si realizza un'altra cosa quasi impensabile in Italia: si tratta di un compatto pezzo techno-rock con una punta di ironia in grado di alleggerirlo considerevolmente. Il finale è affidato alla title-track, forse l'episodio meno convincente, anche se non smentisce la voglia di sperimentare con generi lontani dalla nostra cultura (il pezzo termina con suoni da rave degni dei prodigy!).

Che dire... Che se questo disco fosse stato in inglese forse staremmo aspettando il nuovo lp degli Üstmamò, e forse non lo aspetteremmo solo noi italiani... Non che questo sia giusto per carità! Pensandoci bene loro sono stati ancora più speciali proprio perchè capaci di sperimentare i generi più alternativi nella lingua di Sanremo!

Carico i commenti...  con calma