Il rock degli anni settanta l'ho scoperto abbastanza precocemente. Semplicemente perché mi divertivo a rovistare tra la collezione di cassette di mia zia, un personaggio particolare e un pò hippie che, nonostante le stranezze, ascoltava anche della buona musica. E' così che, dopo aver improvvidamente distrutto o smagnetizzato alcuni nastri, ho scoperto gruppi leggendari come i Led Zeppelin e i Deep Purple. Ma anche altri meno conosciuti come gli UFO, per esempio. E d'altronde un nome come questo non può non stimolare la fantasia di un bambino.
Un po' per gioco e un po' per curiosità, questo bambino gioviale rimane incantato dalle melodie di una canzone, trovata in una compilation di ballate strappalacrime. Il brano in questione è la splendida "Try Me". A più di vent'anni di distanza le emozioni sono sempre le stesse. Una ballad come solo i gruppi rock sanno fare. Un piano malinconico, maestose pennellate orchestrali e la voce roca e sofferta di Phil Mogg. Ma soprattutto l'assolo di quel marziano di Schenker, ispirato come non mai, a scavare emozioni dal profondo. Ma come succede spesso, questa canzone è rimasta per anni chiusa nel forziere dei miei ricordi. Fino a quando il ragazzo un po' più maturo non si è deciso ad approfondire la storia di questo gruppo.
E da cosa potevo partire se non da "Lights Out"? L'apice creativo della band, colpevolmente sottovalutata, un disco che porta a compimento le pregevoli intuizioni del precedente "No Heavy Petting".
Il momento è particolare: il talentuoso ma indisciplinato Schenker è alle prese con la dipendenza da alcolici e gli screzi con l'autoritario leader Phil Mogg si inaspriscono. Ma le tensioni si trasformano in energia e portano alla gemmazione del disco più equilibrato e completo del gruppo. Il merito è anche del nuovo arrivato Paul Raymond, discreto chitarrista ritmico ed abile tastierista. Ed è probabilmente la presenza maggiore delle tastiere a dare quel quid in più al lavoro. Lo stesso guitar-hero teutonico riesce a contenere il proprio estro, spesso invasivo, e a concentrarsi maggiormente sulle armonizzazioni melodiche. Il disco inizia con due pezzi di hard rock diretto che sembrano pescati dal repertorio dei Bad Company. I riff cromati dell'opener "Too Hot to Handle", a tutt'oggi un classico della band, e la più veloce "Just Another Suicide", con il piano a scandire il ritmo. E dopo la splendida "Try Me", di cui ho già parlato, è il turno della title-track. "Lights Out" è una cavalcata trascinante, il cui riff deve molto al Dirigibile e alla splendida "Achilles Last Stand".
Bellissima è la versione di "Alone Again Or" dei Love, con un magistrale assolo della Gibson Flying V, laddove nell'originale c'era una tromba. Nel mezzo ci sono anche il rock più classico di "Gettin' Ready" e un altro brano duro ed aggressivo, "Electric Phase".
A chiudere il disco infine l'evocativa "Love to Love". Un mid-tempo dall'incedere epico, diviso tra momenti acustici e scariche elettriche, con la voce calda e magnetica di Mogg in evidenza e un altro mirabolante assolo di Schenker.
E' il 1977 e gli UFO raggiungono il culmine di una prodigiosa ascesa, alla quale faranno seguito il validissimo "Obsession" e il memorabile live "Strangers in the Night". Schenker lascia all'indomani di quest'ultimo fortunato lavoro e gli UFO continuano tra cambi di line-up e reunion, ma senza i medesimi riscontri di critica e pubblico. Pur non avendo riscosso il successo dei colossi del rock, il gruppo viene menzionato tra le maggiori influenze da parte dei principali gruppi della scena heavy metal degli anni ottanta.
E quel bambino, ora cresciuto, crede ancora negli UFO.
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