Immaginatevi una punk band dalla line up traballante, guidata da un front man poco meno che quarantenne, che si trovi in un periodo di riflusso per il punk rock e che sia giunta ormai a registrare il suo sesto album, e che per giunta questo disco contenga tentativi di crossover, con suoni cupi e pseudo-heavy.
Cosa si può dedurre da un simile quadretto? Tutto il male possibile, naturalmente.
E invece no, perché codesta è la descrizione degli UK Subs nel 1982, all'epoca dell'uscita di "Endangered Species"

L'inossidabile Charlie Harper - classe 1944 - fin dalla metà degli anni '60 aveva militato in varie formazioni di R&B, quando, nel 1976, folgorato dal punk, decise di formare una punk band, nel più puro spirito "do it yourself", e di chiamarla programmaticamente "I Sovversivi" (The Subversives).
Gli UK Subs non hanno mai avuto vita facile, anche a causa della vena non proprio accomodante di Charlie e dei suoi sgherri, basti pensare che il primo disco fu registrato nel 1977 (al famigerato Roxy Club, mi pare) ma fu dato alle stampe solo nel 1980, dopo due album di studio. La line up fu da sempre un altro dei punti dolenti degli UK Subs, per motivi artistici e non (si narra di arresti all'aereoporto per essersi impadroniti, da ubriachi, dei carrelli portabagagli per scorazzare sui piazzali).

Nei primi anni di attività gli UK Subs riscossero il favore dell'esiguo pubblico dei "devianti del rock", per poi scendere costantemente nelle preferenze dei kids, soppiantati da una pletora di gruppi nati grazie all'affermazione del fenomeno "hardcore", fenomeno che poi si sarebbe autosoffocato anche per la grande produzione di gruppi di nessun valore, ma questa è un'altra storia.
Intanto, ancora all'inizio del 1980 la loro fama era tale che nel primo tour italiano il cartellone prevedeva che i Ramones facessero da supporto agli UK Subs. In realtà i Ramones godevano già di una certa popolarità (il 45 "Baby i love you" figurava fra i dischi del juke-box del bar fricchettone vicino casa mia), e la scelta degli organizzatori non fu del tutto centrata, ma anche questa è un'altra storia.

Bene, dopo un esordio fulminante, con due gemme del calibro di "Another kind of blues" e "Brand new age", e un buon live (oltre a quello d'esordio, come già detto uscito solo nell'80), dopo avere già perso per strada l'ottima sezione ritmica composta da Paul Slack e Pete Davies, gli UK Subs pubblicano dapprima "Diminished Responsability", album controverso ma trascinato dal singolone "Party in Paris", e poi nel 1982 questo "Endangered Species" (Specie a rischio), che dava un ulteriore impulso alla svolta già intrapresa con il precedente album.
E davvero di specie a rischio si tratta, perchè gli UK Subs, stretti in una morsa che non lasciava alternative se non fra un hardcore di maniera da un lato e la polimerizzazione del suono dall'altro (il termine non è casuale) , scelgono una terza via, personalissima e dagli esiti tutt'altro che scontati.

"Endangered Species" è un lavoro che enfatizza i suoni e gli arrangiamenti di chiara matrice Hard Rock / Heavy Metal,  mantenendo però sempre ben saldo il timone sulle origini rock-blues.
Partite con il piede giusto, prima alzate il volume a livelli inusitati, poi abbassate la puntina sulla title track e godete senza sensi di colpa dei brevi, fiaccanti assoli di chitarra; notate come tutto rimanga sempre "in tonalità", a differenza dello sterile hardcore che sarebbe sopraggiunto a breve e dell'inutile e ridondante heavy metal, dai Metallica in poi. Gioite della batteria che "batte pari" senza esitazioni e dei tre accordi, che come l'araba fenice, risorgono sempre dalle proprie ceneri. Nessun tentativo malriuscito di creare cose nuove dove nulla c'è da creare, ma non per questo il disco suona ripetitivo e monocorde, tutt'altro: Accanto alla pura energia della title track, di "Living Dead", di "Fear of Girls" trova spazio ancora il blues, con tanto di armonica ("Ambition"), il vecchio amore mai sopito di Charlie Harper.
Un attimo di pausa, giusto il tempo di girare il vinile e si scopre il lato decadente, cupo e claustrofobico del "nuovo corso" degli Uk Subs, i cui prodromi in realtà si erano già manifestati nel secondo LP - ricordate "You Can't Take It Anymore"?.
Qui gli scenari rimangono sempre foschi, in un crescendo che si conclude con le splendide "I robot", che azzardo a definire come dark-punk-blues, e la tenebrosa "Flesh Wound", che avrebbe benissimo potuto nobilitare più di uno dei tanti dozzinali album dell'ondata dark-wave, che di lì a poco si sarebbe abbattuta sull'ormai datato "Nuovo Rock"

Intendiamoci, il disco è decisamente sopra la media, ma dentro questo LP non troveremo classici della portata di "Warhead", e nemmeno folgoranti sequenze come "Emotional Blackmail", o anthem degni di "Teenage", Rockers, C.I.D...
No, 2Endangered Species" non è un capolavoro, ma un disco che avrebbe potuto indicare valide alternative per il futuro del punk, che purtroppo rimase praticamente un pezzo unico.
Da quel momento gli UK Subs produssero solo pochi lavori degni di nota (l'esplosivo singolo con "Police State", il bizzarro "Another tipical city.." ), mentre Charlie Harper avrebbe dato il meglio di se con un side project chiamato "Urban Dogs" che generò almeno un primo album da ricordare.

Epilogo: Gli UK Subs non si sono mai sciolti, e se vi capitasse di assistere ad una loro esibizione, entrate per tempo e date un'occhiata dietro al banchetto che vende patches, t-shirt e dischi: vi potrebbe capitare di vedere un anziano signore dai biondi capelli sparati e dalla pancetta prominente: A quel punto avvicinatevi e provate ad apostrofarlo con un "Hi, Charlie, how are you?". Nel peggiore dei casi avrete bevuto una birra insieme ad un indistruttibile rocker.

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