Tre anni sono serviti agli Ulcerate per comporre un nuovo album, tre anni per creare “Shrines of Paralysis”. Questo il titolo scelto dal talentuoso trio neozelandese per l’ultima fatica, un lavoro imponente, straniante, che sorprende nonostante la difficoltà d’approccio. I tre musicisti hanno deciso di non fermarsi, di proseguire il loro viaggio oltre i confini del death metal.

Post-death metal, così si può definire la musica creata dalla band, un mare di dissonanze cupo ed oscuro, quasi impenetrabile. Un oceano di idrocarburi denso e soffocante che respinge l’ascoltatore con onde violente ed implacabili, dove il classico death tecnico e brutale è tutt’uno con le bordate post-hardcore di neurosisiana memoria al fine di creare un’enorme massa liquida dall’impatto devastante. Solo l’ascoltatore più temerario, che ci si tufferà dentro con decisione, potrà apprezzarne tutta la bellezza. Quando sarà immerso e circondato dalla musica potrà finalmente scoprire cupe melodie, momenti atmosferici ed una miriade di dettagli fino a lì celati. Sarà solamente necessario abbandonarsi senza più remore.

D’altronde tutto ciò succedeva già con i precedenti album, ma la differenza questa volta è rappresentata dalla maggior ricerca melodica rispetto al più ruvido e brutale “Vermis”. La melodia è componente fondamentale dell’essenza delle canzoni, non compare semplicemente qua e là ogni tanto. E’ un po’ lo stesso discorso che viene fatto in questa pregevolissima recensione riguardo al paragone fra Testament e Metallica nell’approccio all’ormai arcaico thrash metal dei bei tempi andati. In ogni caso comunque possiamo affermare che gli Ulcerate praticano ciò che predicano e lo fanno alla grande.

Disco death metal dell’ormai passato anno senza alcun dubbio.

PS: In questa recensione non ho scritto nemmeno una volta la parola marcio, l’era del post-death è infine giunta!

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