Giovedì 31 maggio sera sto scendendo dalla sede generale dell'università di Genova dove si è tenuta una cena per i senzatetto organizzata dalla Comunità di Sant'Egidio, nella quale sono stati coinvolti vari studenti di tutte le facoltà.
Nel momento in cui sto andando a buttare la spazzatura canticchio a voce alta (non troppo ovviamente) "Gli altri siamo noi", realizzando di quanto questa canzone sia rimasta nel sonno per 15 anni, quando l'avevo preparata per doverla (poi non fatta) cantare per lo spettacolo di fine anno in 3°media.
Aaah...quel Sanremo del 1991: mai come in quel momento si presentavano abbastanza artisti a parlare del momento storico che a molti livelli si stava vivendo: Raf con "Oggi un dio non ho" (vedasi la prossima recensione), Renato Zero con "Spalle al muro" (grande la sua autrice, Mariella Nava!) (sulla scarsa considerazione che la terza età cominciava a sperimentare nella società a partire da quel periodo), "Disperato" di Marco Masini (sulla droga)...
Avevo solo 8 anni eppure mi emozionavo a quel Sanremo.
Con "Gli altri siamo noi" Giancarlo Bigazzi ha firmato un altro grande pezzo, che ancor oggi ha una sua validità sebbene non pochi degli elementi lì contenuti siano anacronistici (il Sudafrica*, per esempio) (mentre la paura per gli immigrati è ancora presente).
Doveva esserci la Comunità di Sant'Egidio a riattivarmi quel ricordo grazie all'umanità di quella serata e a delle figure a me simpatiche e, in qualche modo, ispiratrici.
Se "Gli altri siamo noi" è stato un pezzo arrivato al momento giusto in un periodo di grandi sconvolgimenti per il mondo (vedasi sempre la recensione successiva) il tema dell'immigrazione è stato anticipato dai Pooh con "Senza frontiere" (da "Oasi"), quando in Italia si cominciava in quel momento a confrontarsi con i primi grandi arrivi di stranieri dalle zone disagiate del mondo.
Ma per me il brano di Tozzi rimane il migliore: vedasi i seguenti versi:
"I muri vanno giù
al passo di un'idea:
Allah come Gesù in chiesa o
dentro una moschea.
E gli altri siamo noi
ma qui sulla stessa via,
vigliaccamente noi lasciamo indietro
i pezzi di altri nomi... "
L'altro grande brano che rende fantastico questo album è "Gesù che prendi il tram": immaginatevi il protagonista viaggiare per una città industriale (Torino, potrei dire con convinzione) e vedere quali tristi situazioni. Un altro testo toccante:
"Gesù che prendi il tram
con la tua tuta blu,
e sbirci qua e là
Gazzette dello Sport.
Gesù che entri nel bar
insieme col mattino;
cornetto o cappuccino
tu lo sai che troppi figli hai.
Gesù che in fabbrica vai:
tuta blu compagno Gesù.
C'è un uomo in meno e una vedova in più:
quanto dai amico Gesù?
La pressa guarda le mani
con troppa avidità;
Gesù chi buca le mani
è sempre l'onestà.
Guarda l'aereo lassù come va,
lo spingi anche tu.
Figlio di figli di fattorie
nostalgie non devi aver più.
L'anima non stipendia
e troppi figli hai,
e troppi figli hai.
Gesù che prendi il tram
con la tua tuta blu;
tu dormiresti già
ma troppi figli hai. "
Grande album, sì, ma ci sono due brani che meritano anche loro un giudizio positivo ma leggermente inferiore cioè "Ciao Lulù e "Gli innamorati" (questione di gusti ovviamente). "Un fiume dentro il mare" non mi dispiace, ma rispetto alle due sopra non mi entusiasma (solo il ritornello è, in me, emozionante, soprattuttto perché "gridato" come è nella tradizione di Tozzi).
Il resto non viaggia male ma per me non merita grande attenzione, confermando però questo come un "grande album".
Aspetto vostri giudizi (se lo conoscete o dopo un ascolto, si intende).
*dell'apartheid
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