Uno dei molti gruppi di "secondo piano" scoperti e prodotti nel corso degli anni '90 dalla Epitaph, gli Union 13 si formano nel 1992 nei sobborghi di Los Angeles, pubblicando il loro album d'esordio nel 1997, e realizzando in breve tempo tre buone opere, la terza delle quali è questo "Youth, Betrayal and the Awakening", del 2000, al momento penultima prova della formazione. Qui il gruppo, originariamente nato come quintetto, si ritrova ridotto a trio dopo la defezione del bassista e di uno dei chitarristi, ma questo non mina la vena creativa del gruppo (la cui mente principale è Jose Mercado, chitarrista che in questo album si occupa anche delle parti di basso).
Musicalmente il disco è piuttosto buono: non ci troviamo certo di fronte a un capolavoro di tecnica ed originalità, gli Union 13 suonano uno hardcore veloce, semplice e diretto che fonda le sue radici nella scena californiana degli anni '80 (in più di un passaggio mi hanno ricordato gruppi come i Black Flag o i Bad Religion "classici", salvo restando che ci troviamo di fronte a una band di caratura chiaramente inferiore), seppure la loro proposta dimostri comunque una discreta capacità di creare un suono personale, elemento che non può che giocare a loro favore.
I testi, di tematica essenzialmente sociale, alternano la lingua inglese a quella spagnola, uno dei maggiori punti distintivi della proposta del gruppo (tutti i membri sono di origine ispanica), mentre il cantato presenta una continua alternanza tra due o addirittura tre voci che contribuisce ad arricchire piacevolmente il suono della formazione (ma nei quattro pezzi in spagnolo scompaiono completamente, e inspiegabilmente, cori e seconda voce).
L'album si apre davvero bene con "The Game (We Don't Have to Play)", probabilmente la canzone migliore e più originale del lotto, seguita da una serie di buoni episodi culminanti nella breve ed aggressiva "Youth, Betrayal and the Awakening". Dopo questo pezzo, tuttavia, la qualità delle composizioni diventa altalenante, alternando momenti convincenti e decisamente d'impatto (come "Innocence", probabilmente perfetta in sede live, la melodica "To Understand", uno dei pochi brani dal ritmo non eccessivamente sostenuto, o la cupa "Finding Out"), ad altri francamente trascurabili ("For Someone" o "Malice", ad esempio, si sarebbero potute tranquillamente eliminare dalla tracklist senza per questo inficiare la qualità dell'album, che anzi ne avrebbe forse giovato).
La velocità dei brani, pressoché costante lungo le 17 tracce dell'album, è notevole ed evidente sia nell'ottimo drumming sia, in particolar modo, nel cantato, con parole che a volte, per la troppa foga, addirittura non vengono pronunciate, tanto che, anche libretto alla mano, risultano faticose da seguire; alla lunga questa peculiare velocità (forse vero elemento chiave dell'opera) rischia però di stancare facendo sì che, malgrado la bontà della proposta, il disco sembri ben più lungo dei 36 minuti di durata effettiva, e un ascolto continuativo può risultare innegabilmente difficoltoso.
Probabilmente sarebbe stato auspicabile uno snellimento della scaletta, ciononostante "Youth, Betrayal and the Awakening" resta un album più che discreto, non una pietra miliare del genere (quelle sono ben altre!) ma comunque un prodotto godibilissimo, soprattutto se paragonato a molte opere ben più blasonate, che merita almeno un ascolto da parte dei patiti del genere.
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