Sono una delle band più influenti che si siano mai potute ascoltare nell'indie rock americano, ma in pochi se la ricordano, ancor meno la conoscono, di sicuro nessuno la cita più. Eppure gli Unrest:
1) con l'esordio "Tink of Southeast", datato 1987, anticipano Fugazi e compagnia bella di post-hardcorers, perché dall'Hardcore che suonano fin dal 1984 passano a una frizzante commistione di vari stili interpretativi, il tutto molto acido e bello.
2) col successivo "Malcolm X Park", datato 1988 anticipano niente meno che il Post Rock tutto (mi sa che gli Slint se lo sono sparato in cuffia un centinaio di volte questo disco) con brani per lo più strumentali molto ma MOLTO devianti hardcore e post-hardcore e Indie in genere.

Ora capirete, con tale mole di lavori per lo più imprescindibili (perché anche fra gli album successivi non ce n'è uno brutto a pagarlo oro), era difficile scegliere il primo da recensire per DeBaser. E per me questo che recensisco non è neanche il più bello. Però è il più, diciamo, "famoso". E sopratutto è il più vario, quindi quello che da solo li riassume meglio. Basti pensare che "Suki" sembra i Feelies in versione pop... "Imperial" è una sorta di ipotetica versione psichedelica/progressiva di un arpeggio fra i più melodici dei Sonic Youth; "June" è una delle ballads più belle dell'indie rock. E potrei continuare con gli altri dodici brani ma sarebbe inutile; queste descrizioni con raffronto con altri gruppi ve l'ho fatte per farvi avere un'idea. Ma gli Unrest sono gli Unrest; folli, unici e assolutamente disomogenei. Totalmente votati, unico tratto comune ad ogni pezzo, a smontare e rimontare in maniera imprevedibile (ma non per questo necessariamente inespressiva o poco comunicativa) ogni brano, incredibilmente trasversali ma inconfondibili. Insomma un'istituzione, ma di quelle vere.

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