Non so dove mi è scattata la molla per andar a rovistare fra quello che la gente butta via. Forse è stato il disprezzo per la gente stessa, forse la voglia di non farsi dare mai ragione. Non si cerca la bellezza. I concetti estetici potevano valere in un mondo distribuito in caste per assiomi. Qui si cerca il vero e basta. L'onesto, il non-nulla. Iper-soggettivismo che si attenua nell'elaborazione d'un giusto momentaneo. Soggettivismo collettivo fuori dai coglioni, I don't feel strange.

Gli Unwound prendono quel che hanno è lo imprimono su disco. Smettere di far capolavori, ma essere capolavori e così fu. Non si passa con indifferenza davanti a "Fake Train" perchè senti che pulsa, che è vivo. Magari non capisci cosa ti attrae, se il confluire del vecchio verbo Hardcore o il nuovo post-rock che si libera nel mondo, ma qualcosa c'è. Si muove. Ora è qui, dopo non più. Io ci sento il cuore, un cuore grosso così, il cuore di tre ragazzini d'Olympia che si sono sbattuti per bene fino a sublimare le proprie sensazioni nel modo meno didascalico che posso immaginare.

"Fake Train" arriva al mondo nell'anno del Signore 1993, per mano della Kill Rock Star. Secondo disco, primo per il mondo. Un concentrato ossessivo di tutto quello che l'underground americano e non aveva prodotto, un punto di partenza per il suono che verrà. Sonic Youth, Fugazi, Slint, Mission Of Burma, Black Flag, Joy Division, Wire, Gang Of Four, Velvet Underground e chi più ne ha più ne metta per questo disco. Tutti stipati stretti-stretti in un furgone da far' scorrazzare in giro per il mondo. I feel OKEI.

Quarantacinque minuti di musica assoluta che prende e ti sballotta.
L'Hardcore duro e puro di "Gravity Slips" contro il post-vita-post-tutto dei tredici minuti di "Valentine Card-Kantina-Were, Are And Was Or Is"; l'incubo evoliano suonato dagli Unsane in "Star Splanged Hell"; l'emotività di "Dragnalus" e gli stop'n go di "Lucky Acid"; il trasporto da qui a boh di "Nervous Energy"; tutte le imprecisioni di questo mondo che fanno fascino. Non una nota, non uno svolazzo d'aria, impresso sul nastro che crea questo disco è fuori posto. Tutto sembra avere il dono del senso. Tutto ha un senso.

1993: il mondo che presta orecchio ai vagiti imposti a Corgan e gli Unwound che giocano a nascondino. Miglior biglietto da visita non c'è. Una folla che si spalma davanti ad un obbiettivo e tre ragazzini nascosti sotto il tavolo. Il mondo è un posto molto brutto, popolato da esseri orrendi. Gli unici, di quegli esseri, che mi piacciono sono quelli che non fanno nulla per cambiarlo.

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