Al tempo della sua uscita, mi ero lamentato di "Idioti", un album che mi aveva deluso a tal punto da cestinarlo con le peggiori cattiverie. Il suono si era evoluto, ma il nichilismo radicale dei precedenti lavori si era smussato fino a diventare quasi soft. I testi non graffiavano più, non riuscivano a dirmi più nulla. Ero distrutto, deluso, arrabbiato: quel lavoro mi aveva dato simili negative sensazioni semplicemente perché veniva dopo "Cuore Amore Errore Disintegrazione", la Bibbia del disagio sonico italiano.
Perché ormai ho l'allergia verso la musica italiana. I 17 anni li ho passati da un pezzo e non voglio più sentire i testi casuali di Verdena e compagnia bella. Non mi sconvolgono quei gruppetti indie innocui che sfruttano la politica come strumento per rendersi interessanti. Le Malike Ayane dalla voce strozzata lasciamole alle casalinghe. I Bachi Da Pietra sono sbolliti ormai.
L'Italia musicale contemporanea, per me (Massimo Volume e Zu esclusi), erano (sono) rimasti solo loro.
Un duo dalla creatività distruttiva che rilascia questo vinile senza titoli in edizione ULTRA-MEGA-LIMITATA. E mi ci sono approcciato con diffidenza, certo. Però ci si approccia, perché non ho mai smesso di sperare.
IMPATTO STRANIANTE.
Che bello risentirli alla violenza sonora che me li aveva fatti adorare a primo impatto. Io che non reggo il rap, poi! Anche se, più che rap, mi sembra spoken poetry, narrativa sonora, poesia ermetica. I loro dischi sono libri audio (e non è un caso che un tassello della loro discografia si chiami così): storie, intuiti, frasi gettati tra punti e virgole su fogli bianchi.
"Macchina Da Guerra" è un ritorno alla repressione violenta, ma decuplicata.
Riesce quasi ad essere più forte, straziante e delirante del secondo album omonimo. Sette tracce, quaranta minuti di musica dove si rincorrono seghe elettriche noise, beats dall'oltretomba, muri di drone, mitragliate di frasi sparate dalla fine del mondo. Un disco cacofonico, completamente anti-musicale, sporco, nerissimo e arrabbiato fino al midollo.
Si sentiva già un cambio di rotta verso l'assoluto, il rischio, il catacombale, nell'ottimo ep "Distopi", dove un pezzo consono al loro repertorio si sfilacciava in un drone dalla movenza dei vermi.
"Macchina Di Guerra" si rivolge direttamente all'ascoltatore con l'intento di malmenarlo, gettarlo in questo vuoto cosmico che non differisce dalla realtà, anche se resa grottesca, insopportabile, senza soluzione. Sette schiaffi da zombie. Ogni beat è un palazzo che si erge e si distrugge. Rumore che plasma l'ambiente circostante.
Subito tra i dischi dell'anno per quanto mi riguarda.
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