Quello degli Up Bustle & Out è il suono del mondo, un affascinante viaggio musico-culturale per etnie e tradizioni a suon di funk, jazz, hip hop ed elettronica in puro Ninja Tune style, label di cui per anni hanno rappresentato una delle realtà più solide. "One Colour Just Reflects Another" (1996) è il loro secondo album, il più riuscito dei molti pubblicati. Nel pieno del boom trip hop i due, che si guadagnano da vivere proprio in quel di Bristol, sembrano preferire colore ed esoticità alla nebbia che Portishead & co andavano diffondendo.

Il suono di questo lavoro è lo stesso che diverrà marchio di fabbrica, ricchissimo di sfumature, contornato da numerosi strumenti, etnici e non. Il giusto equilibrio tra i mezzi avanzati della musica digitale e la pura tradizione strumentale. Ogni traccia si distingue per meticolosi arrangiamenti e la cura dell'ambiente sonoro in ogni sua partitura, caratteristiche che avvicinano i due più ad una big orchestra che al classico act elettronico. Infatti sono molti i musicisti che collaborano regolarmente ai dischi degli UBO, donando un suono reale e limpido, lontano dalla classica quantizzazione che caratterizza gran parte della musica elettronica. Stessa cosa per le voci, pescate da ogni parte del mondo, che invece contribuiscono al suono multirazziale e variopinto tipico del progetto. Da Città del Messico a Cuba, da Lima a Nuova Delhi sono sempre tanti e incantevoli i territori esplorati da Clandestine Ein e Rupert Mould!

Il disco è vario anche musicalmente parlando. Malgrado qualche incursione jazzy/fusion ("At Poncho Cafè", bello il beat alla Dj Shadow, "An Unmarked Grave", molto John Hassell", "The Hand Of Contraband") i lati che prevalgono sono quello funk e quello dub / hip hop, ovviamente attenendosi sempre ad una solida base downtempo. Beat grassi e bassi penetranti ("Ninja's Principality", "Bicycles, Flutes and You"), wah e hammond da jammone funk ("Running Rude"), fiati a manetta e suoni soulful ("Mr. Pavement Man", "¡Aquí No Má!", "Penny Apples") sono i punti cardine della filosofia musicale del duo inglese.

Presenti in massa le percussioni, (di più tipi, conga, timbales, tabla), elementi principali di episodi riuscitissimi come l'afro vecchia scuola di "An African Friendship", la rumba swingata di "1, 2, 3 Alto Y Fuera" e il tam tam contemplativo di "Discoursing Drums". Non mancano momenti di puro cazzeggio come la bizzarra "3 Drunk Musicians At", una sorta di delirio da saloon messicano. Nessuna traccia al di sotto della media, il disco, malgrado gli 80 minuti circa di durata, scorre liscio come l'olio.

Una band raffinata con ottimi spunti e il buon gusto per l'esotico. Meno tecnica di altri nomi della Ninja Tune, ma senza dubbio un buon ascolto, anche e soprattutto per chi poco incline al genere. Approposito, occhio anche al nuovissimo "Soliloquy": questa volta si ci muove su paesaggi orientali, ottimo, ma magari ci sarà modo di parlarne più avanti. Il viaggio continua!


  • LoneSwordsman
    7 giu 10
    Recensione: Opera:
    Uèlà! gran bella scelta, per quanto mi riguarda... conosco bene i lavori di questi due tipi e posso dire che non mi hanno mai deluso... sempre lavori intensi e ben fatti... album che non dovrebbero mancare, specie agli appassionati di eclettici sounds di fusione
    bella lì :)
  • Bartleboom
    8 giu 10
    Recensione: Opera:
    Letta. Piaciuta. Tiè!
  • odradek
    8 giu 10
    Recensione: Opera:
    Vero, per quel che conosco è il loro migliore. Ne vendetti diverse copie, quando facevo il pusher di mosica. Chissà se ce l'ho ancora questo...

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