Tutti i generi musicali presentano inevitabilmente, in quanto approssimazione, a uso e consumo di critica e pubblico, utile per ingabbiare ed "inquadrare“ in qualche modo il mare magnum della musica ruock (e derivati), confini molto labili ed indefiniti, tanto che molti arrivano a criticarli pesantemente (il piú palese di tutti é forse il caso del grunge, non-genere per eccellenza), fino a negarne l´esistenza. Ebbene il crossover é un altro genere che ben si presta ad incomprensioni ed interpretazioni contrastanti, anche perché di base (e anche tradotto letteralmente) il termine sta semplicemente ad indicare la mescolanza di enne generi (con n=2); ergo si potrebbe dire che anche Miles Davis ha fatto crossover, mentre tra i metallari si usava questo termine per descrivere i primi timidi tentativi di mischiare insieme thrash ed hardcore.
Amesso e concesso ció, in genere i piú inquadrano questo movimento in un preciso contesto storico-culturale, a cavallo tra gli anni '80 e '90, in cui quella baldracca che é la musica rock si divertiva a flirtare allegramente a destra e manca con i più vari generi musicali. E ovviamente lasciva com'é (d´altronde mica sta in combutta con parole come sex e drugs per niente) spesso non si accontentava a cedere alle lusinghe di un solo pretendente, ma si concedeva volentieri ad impetuose ammucchiate.
Ed é proprio grazie a questa incessante fornicazione che videro luce gruppi storici che bene o male tutti conoscerete (Primus, Faith No More, Mr.Bungle, RATM, Jane´s Addiction, Incubus...), le cui sonoritá (perlomeno nelle incarnazioni piú riuscite) non si limitavano ad un semplice patchwork di stili, ma crearono forme di vita ibrida, il cui valore era superiore alla mera somma delle parti (e non a caso pure la genetica ci da qui manforte, confermando che i „bastardi“ figli di incroci presentano normalmente caratterisiche migliori rispetto ai corrispettivi di razza „pura“). Ebbene, giusto un filino dietro questi pesi massimi esistono realtá, ahinoi finite spesso nel dimenticatoio, ma spesso altrettanto meritevoli o quasi: oltre ai Fishbone (correte ad ascoltarvi il doppio "The Reality Of My Surroundings“) un'altro nome da riscoprire é quello degli Urban Dance Squad, band olandese, tra i pionieri della scena (e tra i primi ad inserire un Dj in formazione), attiva dal 1986 e che con questo album sforna il porprio capolavoro.
Le sonoritá, rispetto all´esordio si son fatte ancora piú variegate, vedasi ad esempio il pezzo conclusivo che presenta addirituttura sonoritá indiane (intese come provenienti dall´India, non aspettatevi perció qualche danza tribale pellerossa!), ma anche ascoltando le restanti 16 tracce non si rischia erto di annoiarsi, visto che si spazia tranquillamente dall´hard piú tirato, al funk, al rap e quant´altro esisteva musicalmente all´epoca (a proposito se foste interessati all´acquisto vi consiglio di accaparrarvi la ristampa contenente in aggiunta anche un live del gruppo a Tokyo).
Detto tutto ció perché solo quattro stelle? Beh, per quanto ottimi personalmente ritengo che agli UDS per raggiungere l´eccellenza mancasse giusto quel tocco di capacitá melodico-compositiva, che invece ha permesso a gruppi come i FNM o i RATM a scrivere pezzi irresistibili, in grado di imprimersi indelebilmente nella corteccia cerebrale dopo pochi ascolti, oppure il coraggio/la capacitá di portare ai limiti estremi la propria follia (Mr.Bungle, Primus). Peró nel caso mastichiate giá i big del genere, non perdete tempo e concedete un po´ del vostro tempo a questa intraprendente band, non ve ne pentirete sicuramente!
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