E' un album crepuscolare, l'ultimo grande album degli Heep, un po' come "Going For The One" degli Yes (che guardacaso è proprio dello stesso anno).
1977, gli Uriah Heep si sono liberati con la scusa dell'alcolismo di David Byron, vocalist di immense capacità, forse anche più abile di Gillan nel gestire gli acuti impossibili. Per tentare di riparare la falla dell'assenza di David, gli Uriah Heep decidono di trovare un nuovo cantante, che non faccia rimpiangere il precedente e che spinga il gruppo verso nuovi lidi: l' amaro compito di bissare l'assenza del Byron ricade su John Lawton, uno "strano oggetto", proveniente dai tedeschi Lucifer's Friend; fatto strano, Lawton si trucca quando si esibisce, ma fatto ancor più sorprendente, ha una voce strepitosa che riesce per un attimo(1977-79) ad oscurare Byron stesso, tecnicamente perfetta e potente al punto giusto.
Il disco, che presenta dei punti deboli come vedremo in seguito, si apre con "The Hanging Tree": sintetizzatore, cantato superlativo, ritmo incalzante, gli Heep sono tornati in grande forma. Si prosegue con "Been Away Too Long" che contribuisce a dare all' album quell'atmosfera notturna, epica e crepuscolare: gran bel pezzo. Con "Who Needs Me" abbiamo il primo punto debole, per il fatto che sa un po di riempitivo, con quel ritmo sbarazzino; tuttavia un bell'assolo di chitarra ed il solito cantato impeccabile di Lawton gli conferiscono una certa dignità.
La quarta traccia "Wise Man" è un capolavoro melodico dove i possenti e dinamici vocalizzi di John sublimano in un assolo finale da trinciapalle. Dopo cotanta bellezza, vengono piazzati i tre minuti di "Do You Know", il vero punto debole dell' album, un rock leggerino, che non sa ne di me ne di te, con un testo di una banalità importante: essendo l'unico neo, lo si può perdonare, considerando che da qui in avanti l'album letteralmente si impenna.
Un synth con il glide ci introduce in "Rollin On", brano molto particolare e acquoso che a metà sfocia in un bellissimo assolo onirico di elettrica, come solo gli Uriah Heep sanno fare: la canzone termina con la ripresa del tema iniziale. Ed è così che si arriva a "Sympathy", una canzone semplice ma allo stesso tempo fondamentale, il marchio di fabbrica degli Heep con John Lawton: è in questa traccia che il nuovo vocalist può dare finalmente sfogo alle sue grandi doti di "castrato", regalandoci un altro momento indimenticabile.
La stessa String-machine che da poco avevano acquistato anche i Genesis, ha il compito di tessere l'intro del capolavoro assoluto del disco: "Firefly". Testo fantasy spesso cantato a più voci ed un atmosfera sognante che richiamano proprio l' immagine in copertina sono la formula vincente: come di consueto, a metà della canzone c'è l'irruzione di un pezzo più potente che lentamente torna a riadagiarsi nel lago fatato del tema principale.
Questo album è l'ultima erezione degli Uriah Heep, che di li a poco caddero nell'assoluta impotenza creativa rimanendo un buon gruppo, un album ogni 2-3 anni e nulla più. L'effetto viagra di Lawton resse anche per i due dischi successivi, ma poi con la sua dipartita, gli Heep si ammosciarono sulle loro stesse gonadi in attesa di nuovi semi da coltivare in quel grande campo che è il rock. Attendiamo ardentemente una nuova loro Ejaculazione.
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