Non è ancora ora della signora in nero.

Il paladino è sempre un ometto che certi giorni non riesce a farsi strada tra i suoi capelli e sovente non vede la luce del Sole. Anche non vi sono più demoni e maghi che compiono gli anni, sente di avere ancora qualcosa da dire con la sua spada wha-wha. Un tempo diceva di guardare se stessi, con dolcezza asciugava le lacrime dagli occhi. Ora i tempi sono cambiati, ma vi è sempre il modo di evadere per qualche istante e tornare nella fantasia come un viaggiatore nel tempo. Una nuova magia, affetto in un cerchio di mani.

Io ne parlerei con entusiasmo, ma lascio che a parlar del nuovo, ottimo lavoro dei veci ci pensano tuttavia gli altri. Io con le mie parole volevo solo svegliare i dormienti, ma forse ho addormentato i desti.

Tornano dunque nel 2008 gli Uriah Heep con "Wake The Sleeper". Si tratta sicuramente di un lavoro robusto, compatto ed energico. Uno di quei ritorni per cui vale la pena aspettare, anche se la premiata ditta ormai guidata dal solo chitarrista Mick Box con il bassista Trevor Bloder (ricordate il simpatico barbisone di David Bowie?), il cantante Bernie Shaw, il tastierista Phil Lanzon, ha dovuto separarsi dallo storico (e ottimo) batterista Lee Kerslake, che ha abbandonato il gruppo già nel gennaio del 2007 a causa di problemi di salute. In questo disco è stato sostituito da Russell Gilbrook.

Proviamo ora a confrontare l'ultima fatica della band inglese con gli altri album del periodo Lanzon/Shaw. Ormai dei primi due "Raging Silence" (1989) e "Different World" (1991), fortemente influenzati dalla scena AOR dell'epoca, rimangono solo lontanissimi echi. Già dal 1995 in poi, infatti, gli Heep hanno manifestato una forte voglia di ritornare al glorioso passato: il risultato è stato l'eccellente "Sea Of Light", un album dal sound robusto e tagliente, che mostra pienamente la finalmente raggiunta sintonia del duo leader nel songwriting Box/Lanzon.

Ormai questo quintetto di veterani è sì tramutato in una band che dedica anima e corpo ai concerti, diradando così la produzione in studio. La scelta di puntare sulla qualità piuttosto che sulla quantità si è così dimostrata vincente anche con il più soft "Sonic Origami" (1998)... e continua a dimostrarsi vincente con l'attuale "Wake The Sleeper", pubblicato dopo ben dieci anni dal suo diretto predecessore.

Mick Box è sempre stato un grande estimatore del wha-wha, pedalino che sembra non voler mollare per tutta la durata del disco: "Ghost Of The Ocean", l'ottima title-track e la successiva e durissima "Overload" sono ottimi esempi. "Tears Of The World" è Heep classico, così come la bellissima "Shadow". "Heavens Rain" e "Book Of Lies" sono altri due buoni episodi, ma di tutto il disco il picco più alto viene toccato da "What Kind Of God", ispirata al libro "Seppellite il mio cuore a Wounded Knee" scritto da Dee Brown, una canzone dall'incedere mestoso e dalle lyrics commoventi, a difesa degli indiani d'America massacrati dai bianchi. I brani sono tutti di ottima fattura dunque, tranne forse qualche lieve caduta di stile come "War Child", dalle linee vocali alla lunga stancanti e la leggerina "Light Of A Thousand Stars".

Insomma, in un anno di ottima musica, soprattutto per chi è più legato a sonorità raffinate, in cui sono usciti ottimi dischi come "Trisector" dei Van der Graaf Generator o "01011001" degli Ayreon, sicuramente anche quest'ultima (si spera non L'ultima) fatica in studio degli Uriah Heep non sfigura per niente.

Uriah Heep è tornato, anche se Charles non lo sa: qualcuno glielo Dickens.

Carico i commenti...  con calma