Un disco composto da soli versi di maiali? Possibile, anzi possibilissimo quando di mezzo vi è l’entità V/Vm, il radicale progetto a cura di James Kirby, ai più celebre per l’opera dissacrante svolta su popolari 'classici' (completamente devastati, o astrattizzati – in ogni caso con risultati sistematicamente superiori alle originali -) o il progetto, decisamente meno rumoroso (ma altrettanto disumano), The Careteker, che ha goduto di notevole esposizione in particolare per mano di Wire.
V/Vm ha fatto della sperimentazione il propro induscusso credo, un punto fermo che non viene meno in questo, geniale, ep, dove i rumori suini vengono dapprima acquisiti, (con tanto di avventuriera operazione di field recording per una delle fattorie più grandi del Regno Unito), poi sfigurati da una pesantissima opera di digital sound processing, che si va ad aggiungere a quella di ‘stomaco processing’ (diversi frammenti vengono infatti registrati nel momento - talmente rumoroso da ridurre Merzbow ad innocua musica d'aperitivo - in cui essi si cibano) con risultati a dir poco surreali nella quale i maiali (circa duemila !) diventano non pietanza, non carne da macello, bensì illusioni daliliane, insane creature pseudo-infernali, anatre spastiche, strilla disumane più adatte al peggior horror di serie b, generando dell'aberrante rumore di massa che Kirby accosta al caos umano nella vita di tutti i giorni, più precisamente nelle situazioni in cui un grosso numero di umani (aka masse) si trova nello stesso luogo insieme ai propri simili, proprio e non diversamente da come avviene con i maiali nei propri recinti. In questo caso la fattoria viene messa allo stesso piano di piazze, locali, fabbriche, centri commerciali etc., e a suo modo V/Vm ci pone il messaggio, più volte ribadito nelle note dedicate, che noi siamo nient’altro che maiali, qualsiasi cosa essa voglia dire.
Presa per il culo o sorta di improbabile teoria rivoluzionaria? Chissà.. parliamo di un personaggio sicuramente cazzone e controverso (non raramente sopra le righe) quanto geniale e disturbante, che passa con grande facilità dal concept più acuto al perculeggiamento più evidente (basti pensare a quando si finse Pole, mandando una demo alla FatCat, poi effettivamente andata in stampa - scatenando l'ira dello stesso), ma ciò che è certo è che "Pig", contrariamente a quanto si ci possa aspettare, è prima di tutto un bel sentire, un'esperienza quasi metafisica dove nel polveroso marasma industrial-rumoristico se ne arriva a sentire persino il fetore di questi futuri succosi e rassicuranti piatti, con il culmine che si riaggiunge in “Uncle Ernie”, dove, anticipato da un non ben precisato monologo di tale personaggio sui vaccini per maiali, abbiamo un assordante collage rumoristico totalmente fuori dal mondo (probabilmente riportante il momento in cui quest'ultimi vengono macellati), roba che manco Nurse With Wound al suo meglio. Bisogna dare atto a V/Vm che con “Pig” ha non solo filosofeggiato, in modo più o meno sensato, sui concetti di massa, branco e omologazione, ma ha di fatto creato una delle opere più sperimentali mai apparse su supporto, una sorta di (pig)noise che va a prendere dimensioni ancora più imponenti se andiamo a notare come, in mezzo a tale caos-uino, sia riscontrable un subdolo ma percepibile livello di musicalità dronica/estatica, che va da se, non è affatto scontata vista e considerata la fonte.
Il manifesto assoluto della realtà V/VM.
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