Ragazzi, questa volta si parla di cantautorato, credo che valga la pena spendere qualche parola per un musicista straordinario quanto incompreso come Val Stoecklein. Dal Kansas nel 1965 fondò i Blue Things, una buona band di garage-folk, abbandonò il gruppo dopo un 45 giri e un lp, per approdare nel 1968 a Los Angeles nelle vesti di songwriter per necessità interiore.
Artisticamente e umanamente fu alquanto sfortunato, così ai margini della conoscenza storica, il suo lavoro certamente non appartiene a nulla d'importante, non ha influenzato musicisti o cantanti di sorta, ma rappresenta un momento, un paradigma, dove i confini fra arte e vita sfumano, confondendosi in un tutt'uno, producendo un coagulo simbolico inscindibile.
Val Stoecklein è un artista dimenticato, forse mai considerato, "Grey Life" opera sottovalutata, è una raccolta di canzoni folk, scritte per sola chitarra acustica e voce come avrebbe voluto il suo autore, costretto invece dalla casa discografica Dot a subire il diktat di un arrangiamento orchestrale con l'ausilio di sezioni d'archi e trombe, sperando questa, che il risultato fosse commercialmente più appetibile. Le canzoni sono in sostanza uno sfogo malinconico sulla propria condizione interiore e riflessioni intime di una mente irrimediabilmente fragile. Val Stoecklein era affetto da disturbo bipolare, immaginate che significa, una malattia mentale che lo ha sbalzato più volte nella vita, negli ospedali psichiatrici, dal paradiso all'inferno.
L'album ha la reputazione di essere un classico perduto, collocato nel Pantheon dei capolavori di malinconia sulla linea di "Oar" di Alexander "Skip" Spence o "Scott 4" di Scott Walker ed anche Nick Drake e Syd Barrett. Un suono irrimediabilmente "grigio", una voce dall'ottimo timbro, rotta sottilmente nel pudore, da una fievole angoscia, per una serie di vignette folk-pop apparentemente innocui riguardanti l'amore andato a male ("No, lei non tornerà, lei non ti ama, non ti ha mai amato...") che ad un primo ascolto sembra attingere alla dimensione malinconica dei Pearls Before Swine, ma che nel prosieguo delle tracce, questa dimensione si acuisce in modo esponenziale. Dove Ochs e Drake trovano rassegnazione, Stoecklein trova solo angoscia e strazio. L'ascoltatore rimane sorpreso nel non trovare quasi nulla che splende, tutto è grigio, la vita è una palude desolata, un viaggio attraverso le proprie frustrazioni. Ma come tante opere dalla componente esistenziale, "Grey Life" è un forziere di classe cristallina innata del suo autore, racchiusa nel tentativo di attuare la propria "salvezza" attraverso la musica, come pratica taumaturgica del "rappresentabile", di redimere cioè, quel "male oscuro", una specie di specchio interiore dentro la stanza dei propri sentimenti. Voglio citare a questo proposito solo l'ultima traccia "Second Ending" quando il disco si conclude con le parole "mi sento morire", saranno il presagio di una fine non prossima, ma l'imbocco di una strada tortuosa che gli sgretolerà l'anima fino a condurlo definitivamente al precipizio. Però la grande arte non segue il destino dell'uomo, essa rimane al di qua dello specchio e riflette essa stessa i suoi effetti sulle nostre coscienze, che è la cosa più importante.
"Grey Life" è un ponte che unisce il dramma al sublime, dove l'ascoltatore percorre i due sensi di marcia senza vie di fuga, rendendolo protagonista nel transfert di un "abbraccio mortale". Non se ne esce dalla mesta "passeggiata" senza degustare una "piacevole" dose di di sublime estetica depressiva. L'introversione pessimista di Drake, la persecuzione allucinatoria di Barrett, le turbe dissociative di Ochs, le ossessioni autodistruttive di Spence, sono tutte racchiuse nella desolante normalità mono-tono di Stoecklein, così ben descritta nella foto di copertina. Val Stoecklein dopo altre esperienze musicali tutt'altro che trascurabili si ritirerà nella sua casa in Kansas, verrà trovato morto nel 1993 all'età di 52 anni (le indiscrezioni trapelate parlarono di suicidio).
L'opera tanto amata dal suo autore, che in sè contiene i semi del proprio sfortunato destino, oggi, ai margini del giudizio storico, senza ricevere giustizia, può essere motivo di delizia. Consigliato solo ai veri amanti del cantautorato d'epoca.
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