Valium Aggelein. Si, nome propriamente azzeccato. Decisamente. Proprio rilassanti o, parafrasando una famosissima canzone dei Judas Priest, dei provetti painkiller(s). Bando alle ciance, giusto per rompere il ghiaccio, qualche dato anagrafico. Secondo quanto (poco) rintracciato sul web , il trio non sarebbe nient'altro che un side project dei membri dei Duster, band californiana in bilico tra atmosfere space e dream rock, scandite da tempi prevalentemente slowcore. Composta dai polistrumentisti Clay Parton, Canaan Dove Amber e Jason Albertini, i Duster, in cinque anni di carriera (1996-2001), sono riusciti ad incidere tre album per la Up Records di Seattle. A differenza del progetto cardine dal quale, nel corso degli anni , hanno preso vita più e più avventure musicali (Mohinder, Calm, El Buzzard, The Parton Cooper Planetarium, Mammoth, etc, per citarne alcuni), Valium Aggelein è stato semplicemente un fuoco di paglia, fomentato dall' abbondanza di materiale composto dalla band che, probabilmente, non sarebbe mai stato reputato interessante dalla Up Records stessa. Stimolati dalle nuove prospettive musicali in vista, il terzetto Parton-Amber-Albertini, tra il 1997 e il 1998, ha partorito ‘Dweller on the Threshold' prima e ‘Hier Kommt die Schwarze Mond' poi, gioiellini di inestimata bellezza e rarità (si calcola che quest'ultimo venne stampato in tiratura limitatissima, per di più in vinile. Qui verrà recensito il secondo titolo citato.
Ancor prima di addentrarsi nei meandri delle sonorità proposte, l'attenzione viene attratta dall'uso del tedesco, sia nei titoli di ogni traccia, sia nel titolo stesso dell'album. Fu proprio lo stesso Albertini che optò per la lingua teutonica, probabilmente per dare un tono più criptico all'ambiente. Ritornando sul pezzo, sin dai primi 10 secondi della title track, si può percepire in maniera chiara e limpida di cosa si parlerà. Da questa traccia si snoda il sentiero percorso dal trio di San Diego. La linea musicale principale é quella dello slowcore di stampo Low, Bluetile Lounge e compagnia suonante, presentando, di tanto in tanto, diverse sfaccettature per dare ‘più gusto' al tutto. D'altro canto, ‘variety is the spice of life‘ dicono gli anglosassoni. Se pezzi come (title track inclusa) ‘Traum Wissenschaftler' e ‘Geburt zum Tod' si mantengono più ‘fedeli alla linea' sognante, intimista e sonnambula tipica dello slowcore più nudo e crudo, ‘Abheben in Stereo', ‘Die Wolken Werden Stufenleitern' e ‘Triumph der Metall Menschen/Durchschauende Meere', in perfetto climax reso dall'ordine di riproduzione, se ne discostano leggermente (pur sempre rimanendo all'interno del ‘recinto' musicale prefissosi), spostando l'attenzione dalle atmosfere eteree e iperuraniche ai feedback e rumori vari tipici di certi ambienti avant-garde, culminando così in micro-tracce esclusivamente noise di poco più un minuto ( ‘Feuerprobe/Feuertaufen' e ‘Frequenzumsetzer').
Nonostante la predilezione per composizioni strumentali della durata piuttosto ampia (i ‘vocals' appaiono di rado solo in un paio di canzoni), ‘Hier Kommt die Schwarze Mond' non risulta per niente un album di difficile ascolto e comprensione. Tutt'altro. Sicuramente serviranno il mood e l'approccio giusto per apprezzare al meglio queste sonorità non convenzionali che, a differenza di altra musica, certamente non si prestano a fare da colonna sonora ad un party scatenato o altro. Sfido anche l' ascoltatore più radicato nei propri gusti musicali a tentarne l'ascolto, per intero, senza ‘rigettarlo' dopo una manciata di minuti. Tentar non nuoce. Chissà, magari smuoverà in lui qualcosa di totalmente sconosciuto che lo porterà a compiere un'approfondita riflessione su sé stesso e ciò che lo circonda.
Dulcis in fundo, per le sensazioni in me suscitate, un bel 4 ai Valium Aggelein non lo toglie nessuno.
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