Una delle poche, vere, autentiche sorprese dell'anno. Una band dal "tiro" rock'n'roll straordinario quella composta da Andrea Van Cleef, cantante e bassista, da Lady Cortez che suona il piano, dal chitarrista Blodio, dal batterista Helgast e dal percussionista Lobo.

"Red Sisters" è un disco che si segnala da subito come una delle cose più potenti che ho ascoltato negli ultimi tempi, e la cosa non può che segnare un importante punto a suo favore.

La dimostrazione arriva subito, nel primo pezzo, cioè "Dry Queens", che è un rifacimento molto più rock'n'roll che nella prima versione, che era presente su "8 shots, 8 failures" (il loro primo album del 2004), che qui suona con molta più grinta ed è molto più diretta (non che la prima versione non fosse bella, anzi, ma qui è un'altra cosa).

Le notevoli doti della pianista Lady Cortez si segnalano nella seconda canzone, "Then She Said", che nonostante abbia un'andatura piuttosto sghemba e ostica, riesce a piacere anche per il riff di chitarra piuttosto "cattivo" che ben si accompagna con la voce baritonale del nostro Andrea.

Poi arriva la tiratissima "Fire In My Bones", molto punkettara, il pezzo più cattivo dell'album.

Strepitosa poi la versione personalizzata dell'hit di Mike Oldfield "Moonlight Shadow" (uno dei più clamorosi tormentoni degli anni '80), che qui viene spogliata di tutte le carinerie e abbellimenti originali, ed è venuta fuori questa versione un po' cupa, ma splendida.

"In A Red Rock" è un pezzo molto scandito, che personalmente mi fa pensare vagamente all'interpretazione che Marilyn Manson dà di "Sweet Dreams" degli Eurhytmics, anche se l'accostamento può sembrare un po' forzato.

Ed ecco arrivare "Catherine Walks On The Water", dall'inizio un po' onirico, che poi esplode in un fragoroso ritornello, belle chitarre effettate e grande prestazione di tutta la formazione.

"Anna Lee" è il pezzo più breve e inquietante del disco, che tra l'altro parla di un serial killer.

Anche "Junior Bonner" è un pezzo molto convincente, da cui tra l'altro viene la frase che intitola l'album.

Poi la stoogesiana "White Woman", che convince subito per la bella entrata di batteria seguita da basso e chitarre e da un cantato molto grintoso.

Una ballata in mezzo a tutta questa grinta ci sta a pennello, forse per "calmare" le acque, anche se il termine "calmare" per Van Cleef Continental può non essere il più adatto, vista la propensione a far esplodere anche le situazioni in apparenza più tranquille, e "Skulls" svolge egregiamente il suo dovere, brano tranquillo-ma-non-troppo.

E si chiude l'album con "Fear Of Waking Up To Find You Gone" con un'atmosfera ancora tranquilla e all'apparenza sognante, ma sempre con quelle chitarre che fanno presagire scenari non proprio liberi da incubi.

Van Cleef Continental si segnalano come dei veri alternativi e vanno assolutamente inseriti tra le band italiane da cui ci sarà da aspettarsi delle grandi cose, e dall'attitudine più rockettara che si possa immaginare. Con un disco come questo le premesse ci sono tutte.

Carico i commenti...  con calma