Bè, visto che la recensione che c'è su questo sito non è molto... come dire... "dettagliata" cercherò di farne un'altra un po' più lunga (anche se penso anch'io che non ci siano parole per quest'opera. Comunque...). Dunque, è l'anno di grazia (per il progressive) 1970 e i VDGG escono con il loro secondo album in un anno (i ritmi del leader Peter Hammill sono sempre stati al limite delle possibilità umane, con la media di ALMENO un album all'anno, nei momenti di "scarsa" ispirazione), appunto questo "H to He".
Metti il cd (o lp per chi è più grandicello) e subito ti assale il riff killer di "Killer" (scusate il becerissimo gioco di parole, ma è veramente un riff assassino!) con i suoi flauti e il suo sax; poi ti arriva la voce di Hammill disperata e impietosa a narrare di un mostro degli abissi che uccide i suoi simili, relegandosi nella solitudine di chi odia il prossimo; poi c'è un cambio di tempo martellante in cui si ripete, con una rima volutamente un po' cacofonica, "death in the sea, death in the sea / somebody please come and help me, come and help me" e la canzone si conclude in un crescendo, perché su una melodia ancora più disperata veniamo a sapere che la solitudine del protagonista della canzone non è altro che quella di tutti noi. "House With No Door" giunge come l'acqua nel deserto delle emozioni che ci ha provocato il pezzo precedente, con il suo piano dolce e malinconico, allo stesso tempo sereno e sopitamente inquieto. È una ballata con un'atmosfera da sogno e l'assolo di piano di Hugh Banton (o dello stesso Hammill? Scusate l'ignoranza ma suonavano tutti e due il piano!) vale l'intero prezzo del cd e ti costringe ad inseguirlo attraverso la sfumatura del brano che giunge, ahimè, troppo presto (ma forse è ancora più bello per questo!) In "The Emperor In His War Room" è ancora il flauto di Jackson a farla da padrone, con il ritornello in cui Banton preme sempre la stessa nota del suo organo per raggiungere quell'effetto a prima vista urticante (a volte fino all'insopportabile) che hanno spesso i pezzi dei VDGG. "Lost" è forse il pezzo migliore del disco (vabbè che sono solo cinque!) col suo ritornello che a me, personalmente, ricorda un canto asiatico; ma solo l'inizio perché quando Hammill canta "I had all my chances but they slipped right through my hands / like so much sand" bè l'animo si scioglie e pensi proprio che un passaggio così delicato e triste (ma in senso buono) difficilmente sia stato scritto molte volte nella storia della musica. "Pioneers Over C.", infine, è un dipinto spaziale, sia nel testo sia nella musica (questo per fortuna accade spesso nei VDGG), che col suo organo e i suoi echi ci porta a fluttuare nello spazio nero e vuoto. "Spassoso" veramente poi il giro di basso di Banton (eh sì, suona anche quello, che geniacci questi VDGG!) che arriva dopo il verso "people around, there's no-one to touch, / no people around, no-one to touch": è roba che l'ho canticchiata con immenso gusto per giorni e giorni, provare per credere! I VDGG spesso sono stati definiti "dark", a mio parere ingiustamente (dark sono i Cure, i Sister Of Mercy, i Nine Inch Nails, ma NON i VDGG): per quanto riguarda quest'album, sì, le venature "oscure" ci sono, però esso è più dominato dal senso di vuoto e di smarrimento che da altro.
Se non ascoltate roba normale e avete i gusti molto raffinati (ma molto) vi piacerà sicuramente (ma molto! [sul serio, è veramente bello!]).
Carico i commenti... con calma