Peter Hammil entra lentamente. Alto, magro, quasi scheletrico, dentro un paio di calzoni che "ballano" abbondantemente.

I capelli bianchi ed il viso pallido, fa un certo effetto rivederlo dopo tanto tempo.

Hugh Banton lo segue e si piazza dietro la tastiera.

Guy Evans prende posto alla batteria: a differenza degli altri due ha la testa quasi completamente rasata e pare quello più in forma.

Hammil, anche lui seduto davanti ad una tastiera, accenna a qualche parola di presentazione in italiano con la sua stentata pronuncia ma con una cadenza estremamente gentile e delicata.

Quanti anni sono passati da quando sognavo sulle note di "Refugees" ?

Sono sicuro che parecchi di quelli che sono presenti questa sera si staranno facendo la stessa domanda, magari pensando a "Man-Erg" o a "Killer".

Il concerto inizia.

Il suono è compatto, forse un po' "freddo", l'intesa è buona.

Su tutto emerge l'incredibile voce di Hammil, ancora potente ed espressiva come una volta.

Immaginavo che il repertorio fosse costituito essenzialmente da brani estratti dagli ultimi lavori, che purtroppo non conosco, quali : "Godbluf" del 1975 ed i più recenti "Trisector" e "A Grounding In Numbers".

Infatti, il concerto scivola via senza che riesca a cogliere qualche nota famigliare, le composizioni sono chiaramente complesse ed articolate con frequenti cambi di tempo ma, per apprezzarle davvero, bisognerebbe averle già ascoltate: purtroppo la mia conoscenza si ferma a "Pawn Hearts".

Hammil si alza ed imbraccia la chitarra tessendo perlopiù linee armoniche sulle singole corde, mentre Evans, sempre puntuale e dinamico, appare ancora più bravo di quanto me lo ricordassi. Banton fa la sua parte con professionalità e precisione.

Poi Hammil ritorna alle tastiere e da seduto mi accorgo di quanto sia incredibilmente magro osservando la sagoma delle gambe disegnata dai calzoni.

Il tempo passa ed ogni tanto volgo lo guardo verso il pubblico composto da qualche centinaio di persone.

I capelli bianchi ovviamente abbondano e qualcuno indossa, con malcelato orgoglio, la maglietta dei Van Der Graaf che ha acquistato all'ingresso. 

Alla fine di ogni esecuzione gli applausi scrosciano, ma credo che tutti stiano aspettando un brano famoso, qualcosa di memorabile.

E infatti, senza accennare ad alcuna presentazione, Hammil introduce al piano gli arpeggi di "Man-Erg" che ovviamente sono salutati da un applauso fragoroso.

L'esecuzione è bella, intensa, quasi commovente.

Adesso anche il suono è migliore, mi sembra perfino di sentire il sax di Jackson, mentre la voce di Hammil è incredibilmente coinvolgente. I brividi cominciano a farsi sentire stimolando una marea di ricordi.

Man-Erg termina fra un'ovazione e i tre salutano e si avviano verso l'uscita laterale del palcoscenico accompagnati dagli applausi insistenti che, ovviamente, li obbligano a ricomparire qualche minuto dopo per l'immancabile bis.

In definitiva un buon concerto, anche se personalmente avrei gradito la presenza di qualche altro brano tratto dai primi album. Ma questo è un mio limite.

In macchina nessuno ha voglia di parlare, ognuno se ne stà assorto nei propri pensieri o, più probabilmente, nei propri ricordi.

Sono appena le 11 e mezza. E' un sabato sera primaverile e i giovani invadono i locali del lungomare.

Da un'auto in sosta si sentono i bassi rimbombanti ed aggressivi di un brano "house" che spietatamente mi riportano nel 2011.

Scaletta dei brani eseguiti

Interference Patterns
Mr Sands
Your Time Starts Now
All That Before
Lifetime
Bunsho
Meurglys III
All Over The Place
(We Are) Not Here
Over The Hill
Man-Erg

Scorched Earth (bis)

 

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