Quarto ed immenso album di una band ormai consacrata alla leggenda! Il leader del gruppo è il "necromante"(così si definiì egli stesso) Peter Hammill, un vero e proprio genio del canto drammatico che aveva come musa ispiratrice il menestrello Tim Buckley.
La band suona senza chitarra (solo qualche accenno del sublime ospite Fripp), al suo posto si trova la Tecnica e la Fantasia del sassofono di Jackson che crea riff dall'intensità unica, caotica e terrificante.
Il suono è quello di un "Dark Progressive" con sfondi goticheggianti, tinti dall'organo di Banton e dall' incalzare della batteria di Evans.

Ma veniamo al significato del disco: l'immensità del cosmo e l'infimità dell' uomo.... Hammill era solito rimanere in disparte e pensare in solitudine ai misteri dell'esistenza, a quanto è inutile ogni singola vita, al perchè si vive se tanto destinati a morire, al regredire progredendo dell'umanità...
Hammil riflette sull'impotenza dell'uomo nei confronti del Fato, nella crudeltà della vita e nella misticità della morte.

Nel primo e drammatico pezzo, "Lemmings", il nostro Hammill canta con un'indiscutibile rabbia e tristezza. Sotto di lui il sax di Jackson scandisce il destino atroce dell'umanità: per la prima volta ci assale una sensazione di vuoto interiore e di caos esteriore...
La successiva "Man-Erg" è una riflessione sul non sapere in realtà chi siamo, Hammil sente dentro a sè angeli, killers e altre strane creature, tutte a formare il suo enigmatico carattere.
Il piano ha ruolo dominante nell'apertura del brano, la voce di Peter canta dolcemente fino a quando viene stravolta da un'ossessionante e a tratti sgradevole (ma sisuramente voluto) riff di chitarra dell'ospite Fripp: sicuramente un pezzo che scaturisce dall'inconscio, e che non può non lasciarvi attontiti e sbalorditi!
Ma il pezzo forte dell' album è sicuramente "A plague of l'ghthouse keepers". La solitudine e l'impotenza di un uomo perso in mare aperto, le oniriche visioni che si manifestano a lui, la voglia di continuare a vivere nonostante la morte imminente: questi sono i temi esistenziali tradotti in musica dal geniale Hammill. La traccia dura ben ventiquattro minuti ed è suddivisa in molte parti ognuna diversa musicalmente dalle altre, ma disperata e drammatica, a creare un unico insieme di desolazione davanti alla crudeltà della vita.
"Sto ancora aspettando il mio salvatore, le tempeste fanno a pezzi i miei arti... Sono un uomo solitario, la mia solitudine è reale, i miei occhi hanno prodotto una nuda testimonianza e ora le mie notti sono contate..."
Il mare su cui l'uomo è disperso è forse l'inconscio, infinita e sconosciuta dimensione nel quale prendono forma i nostri incubi e sogni.

Qui sotto allego la parte che stimo come più drammatica ed evocativa del pezzo, del disco e di tutto il periodo progressive, vi consiglierei di ascoltarla e lasciare alla mente libero pensiero:

"Non voglio odiare
Voglio solo crescere
Perché non posso lasciarmi
Vivere ed essere libero?
Invece muoio lentissimamente da solo
Non conosco altre vie
Ho così tanta paura
Me stesso non mi lascia essere
Solo me stesso
E così sono completamente solo..."

Signori, questo è veramente il massimo del progressive. Mio album preferito che dovreste reperire senz'altro e tenere con cura assieme a "Islands" (King Crimson) e a "First utterance" (Comus).

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