Giunti al quarto album della loro folgorante carriera, i quattro di Pasadena avevano ben donde di mettersi a tavolino a decidere che fare. Debutto da urlo, un secondo album fiacchino e poco accattivante, il terzo con qualche novità che già lasciava presagire la necessità di non legarsi irrimediabilmente a uno standard che poteva diventare una tomba; quanto meno per l'ensemble, visto che Sua Maestà Eddie aveva già conquistato un trono da cui non sarebbe mai più sceso, nemmeno dopo la prematura dipartita.
Al quarto album arrivano i sintetizzatori, segno che il bisogno di sperimentare, contaminare e soprattutto trasgredire è davvero impellente. Ma la scrittura dei pezzi non si discosta molto dalla formula più che rodata che i fans della prima ora amano ormai incondizionatamente. "Fair warning" fu un capitolo enigmatico nella cerriera della band e anche un punto di svolta più nel concetto che nella musica di per sé. Van Halen era un marchio di fabbrica popolare in tutto il mondo e raccoglieva consensi anche da frange di rockettari che di metal vero e proprio mesticavano pochino. Del resto Van Halen non è mai stato un gruppo metal tout-court. Già nel primo LP strizzavano l'occhio all'epoca d'oro del rock'n'roll con covers illustri e alternavano i momenti più roboanti e incazzati (On fire, Atomic punk) con ballad graffianti piene di coretti polifonici ispirati ai Beach Boys (Feel your love tonight, Jamie's Crying). Anche "Women and children first" era pieno di tentazioni divertenti e di digressioni dal filone hard propriamente detto, dando spazio al virtuosisimo chitarristico di Eddie e a quello vocale di Dave senza preoccuparsi che i puristi storcessero il naso (Could this be magic).
Quando la copertina minimalista di "Diver down" comparve sul mercato e tutti diedero un'occhiata alla tracklist gli storcimenti di naso furono certamente molti. Metà album era fatto di cover, nemmeno troppo rock a dire il vero. Altri omaggi alla golde age del R'N'R con Roy Orbison a far da apripista (la versione celeberrima e incazzosa di "Pretty woman" spopolava nelle radio di mezzo mondo) e poi Ray Davies e Marvin Gaye tra gli autori pescati dal cilindro della Storia. Incursioni di puro swing con papà Van Halen ospite al clarino, divertissment a cappella nel finale e poi una semina di contaminazioni che spaziano dal flamenco all'elettronica, portando avanti in maniera più eterogenea, ma anche più coerente un discorso già iniziato coi due precedenti album.
Certo chi si aspettava una recrudescenza di cattiveria dal quartetto californiano gettando l'occhio a una scena metal che si stava evolvendo in modo brutale grazie all'ondata thrash e speed che stava montando... beh, restò sicuramente deluso o almeno interdetto. Alex usa le spazzole nel pezzo swing (giustamente) e Dave sghignazza allegro perché vive lo spirito del rock'n'roll senza la seriosità autoreferenziale che molti sentivano come obbligatoria. I Van Halen erano una band che si divertiva. Andava in tour e teneva la scena con uno show di rock circense, solidamente incardinato sulla mostruosa e innovativa bravura di Eddie. "Diver down" fu un divertissment, per l'appunto. Fu il segnale chiaro di artisti che dicevano: non possiamo continuamente calcare la mano e impaludarci nei soliti riff che suonano fichissimi perché c'è il distorsore di Eddie... vi facciamo vedere che sappiamo suonare di tutto, che abbiamo una cultura musicale vasta, che essere virtuosi non significa solo sparare assoli parossistici.
Se ne sono lette tante di critiche implacabili su "Diver down" sia dalla schiera dei fans che da quella degli addetti ai lavori. Pochi sembravano aver capito il perché di un'opera del genere. Solo col senno di poi, molto tempo dopo, certe posizioni sono cambiate e il disco è stato giustamente rivalutato per tutta una serie di caratteristiche specifiche e per il fatto che non è etichettabile. Si sono lette terribili stroncature persino per via della copertina (il che dice molto); segno che il disprezzo verso il disco prescindeva dalla volontà di andare a scavare un pochino. Per la cronaca la diagonale bianca in campo rosso è uno dei segnali della marineria che indica presenza di un uomo caduto fuori bordo. E qui - bellissima trovata - la band dimostrò di volersi sganciare da svariati cliché della scena rock a cui erano stati comunque appiccicati - quella heavy metal - rinunciando alle pose da metallari e usando un linguaggio diverso, più concettuale. Il che si coniugava perfettamente alle intenzioni espressive che il disco voleva manifestare.
"1984" sancì la consacrazione pop dei Van Halen, fu l'inevitabile preparazione al divorzio da Roth e sdoganò definitivamente le tastiere come strumento di punta, scolpendo nela pietra uno dei riff più conosciuti e riconoscibili della storia del rock (Jump). Il successo commerciale dell'album oscurò totalmente e a lungo "Diver down", nonostante gli fosse in qualche modo debitore perché era stato banco di prova di tante soluzioni - non solo sonore - poi adottate successivamente.
Con buona pace dei detrattori, io adoro "Diver down", lo trovo un oggetto a sé stante godibilissimo, cantabilissimo, molto variegato e soprattutto coraggioso nell'aver rappresentato la coerenza e l'indipendenza artistica di quattro ragazzi che in quel momento non volevano vivere di rendita.
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