There is a light and it never goes out
Una un po’ ci spera sempre, in quella luce. Cioè, se quarant’anni fa col tuo talento made in Belfast potevi illuminarci Londra o Nuova York, mi sembra incredibile che ora non sia rimasto neanche un lumino fioco, una scintilla fulminea.
E resta una piazza piena di gente, ma fredda, anche se ci sono trenta gradi e una brezza appena percettibile.
Perché a Van Morrison del pubblico non gliene frega niente, sale sul palco, fa le sue cose, non aspetta neanche che finisca l’applauso e passa alla traccia successiva, con un tempismo meccanico e una perfezione da mestierante, la meccanicità della prostituta.
Quasi quasi ti viene voglia di premere skip se la traccia non ti piace. Ma non si può, anche se magari hai pagato 100 euro per un biglietto in prima fila (no, non era il mio caso, io sono entrata gratis).
E la ciliegina finale è godersi la scena della macchina parcheggiata a lato del palco e The Man che se ne va a metà di Gloria, senza neanche un “Grazii millei” o un “Ciaou Breiscia”, lasciando l’ottima band che non ha neanche presentato a finire il lavoro sporco.
Insomma, ci si resta un po’ male, alla fine.
Si abbassa la testa, si esce dalla piazza con l’amaro in bocca e si torna in b&b a consolarsi con “It’s Too Late To Stop Now!” caricato sul lettore mp3 prima della partenza.
Forse non è troppo tardi per fermarsi. Quasi sicuramente, però, a questo punto è il caso di farlo.
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