Manca. Prendo questa come scusa. Manca nel databasio. Ecco perché. Oppure no, forse è che basta mettere un pezzo negli ascolti e salta fuori un fracco di gente che ti dice che gli è piaciuto. Oppure, come spesso capita, colpa del fatto che dovrei fare un qualche lavoro, e mica c'ho voglia.
L'anno è il 1978 appena cominciato. Una vignetta - come sempre illuminante - di Altan, recita: No more Marx no more Lenin no more Mao Tse Tung. Come on Cips, ritmo. Cips, non lo si fosse capito, è Cipputi. A dirla è un operaio, in tuta, davanti a un tornio, non ancora a controllo numerico. Camminerò per le strade.
Esce all'inizio di quell'anno lì. E i giornali (il mucchio, ma anche ciao 2001) storcono il naso. E basta sentire una canzone, la title track, perché ti venga un dubbio. Madonna, pure lui. Pure lui, ritmo. Ti viene in mente Alan Sorrenti, i figli delle stelle. La vignetta di Altan. E i tanti che in quell'anno lì quella roba la fanno. E madonna, subito prima, era stato A Period Of Transition. Che a Van the Man, nella vita, gliene ho perdonate tante, ma quello lì proprio no. Insomma, dai, addio, Van, grazie per quello che hai fatto. Adesso ci tocca la seconda fase della tua carriera. Grazie comunque, non lo dimenticheremo. Camminerò per le strade.
Invece no.
Invece - a sentirlo bene - è un disco del tutto diverso. E fa anche tenerezza pensare a quanto il titolo fosse importante, in quell'anno lì. Wavelength. Lunghezza d'onda. Iniziavano le radio private. E magari, qualcuna, aveva pure l'ardire di trasmetterlo. È un disco diverso. Con una cosa, che da sempre - almeno secondo me - più di ogni cosa, caratterizza Van Morrison. Il mostrarsi nudo. Lo aveva fatto, con un coraggio da leone, nel 1968, registrando Astral Weeks. Scrivendo frasi che nessuno mai mi toglierà dal cuore. Lo aveva fatto l'anno prima, con quel disco così brutto, che ci diceva chi era. Chi era lì. Senza vergogna. Come quando non ti riesce niente, quando non sei sicuro di niente, quando non ti piaci. Lo fa anche qui. E quando lo scopri non puoi fare a meno di amarlo. Questo disco. E chi lo ha fatto. È un disco che è pervaso da un desiderio semplicissimo. Il desiderio di non essere solo. E di ballare, anche. Ma mica con le stroboscopiche tanto di moda. Ma di ballare, e di sentirsi vivi. Un desiderio, appunto. Che le cose vanno mica tanto bene. Camminerò per le strade.
Così sono qua, e per l'ennesima volta, nella mia vita, batto le mani, fuoritempo, durante il pezzo che dà il titolo al disco. E faccio anche un po' fatica, a stare qui, seduto, a scrivere. Che mi viene voglia di alzarmi. E di muovermi un po'. Tra un pochino lo faccio. Ma non ancora. Colpa del fatto che non c'è nel databasio. Sicuro. Sarà per questo che dopo canterò a squarciagola Santa Fé, o Hungry For Your Love. Camminerò per le strade.
O forse colpa del pezzo che chiude il disco. Che non c'è una sola volta, nella mia vita, che non abbia sentito un brivido. Si chiama Take It Where You Find It. E per un paio di minuti, alla fine, prima che la macchina si spenga, Van, The Man, canta e grida che camminerà per le strade. Che camminerà. Da solo, per i cazzi suoi, senza che nessuno lo capisca. Fino a che non troverà una stella. Che brilla per lui.
Le ultime parole dicono che la vede. Una stella. La sua. Forse non è mica colpa del databasio. O dei suoi utenti a cui piace. Forse è un'altra cosa.
Ci sono dischi di cui è davvero difficile parlare. Difficile, se si ha in mente che quello di cui devi parlare è la musica. E non invece di cosa eri te, di cosa facevi te, quando li hai incontrati. O dischi di cui è facilissimo dire. Se si pensa che - di fondo - la musica non è nient'altro che qualcosa che serve a catalizzare le nostre emozioni. A farcele ricordare, a farcele sentire più forti, e anche più belle. Wavelength, per me, è un disco così. Tutto qua. Con tante scuse. Te sai perché.
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