VANADIUM "SEVENTHEAVEN" (1989, GREEN LINE)

Dopo il brusco colpo subito in seguito al fallimento della casa discografica Durium, la band milanese riesce a trovare la forza di riprendersi e raggiunto un deal con la Green Line si affaccia nuovamente a testa alta sulla scena rock italiana ed internazionale.

Con il consueto coraggio e la voglia di mettersi in discussione che da sempre li ha contraddistinti, i cinque musicisti confezionano un album meraviglioso, caratterizzato da melodie dolci ed accattivanti ma anche da un energia ed un dinamismo inarrivabili. L’impeccabile lavoro di registrazione e miraggio effettuato dal producer Guy Bidmead (Motorhead, Tina Turner, i compianti Wratchild U.K., fra gli altri) riesce ad esaltare il feeling sprigionato dal gruppo in virtù di una produzione cristallina in grado di competere con certi lavori americani o britannici del periodo, quanto a nitidezza e pulizia del sound.

Le coordinate musicali di “Seventheaven” si spostano in maniera decisa sul versante melodic /A.O.R. dimostrando la capacità dei Vanadium di incorporare nella loro proposta sonorità di stampo diverso, senza per questo snaturare o svilire la loro inconfondibile matrice sonora. La band si lascia completamente andare, dando campo libero al proprio talento compositivo e riuscendo a presentarsi al pubblico con una forza ed una compattezza d’insieme che hanno dell’ incredibile. Mentre nel predecessore “Corruption of Innocence” erano rintracciabili alcune forzature dovute al timido tentativo di conversione di un sound definito dalla critica ottimo ma innegabilmente retrò, il gruppo opera qui un cambiamento più drastico e sicuramente coraggioso, dimostrando ancora una volta di non temere il frivolo giudizio dei media e di comporre musica esclusivamente in nome dell’arte e del rispetto verso i propri fans.

“Seventheaven”, con “Excess All Areas” dei britannici Shy ed alcuni episodi della seconda incarnazione dei Def Leppard è un album che non ho remore ad inserire nella risicata lista dei platters degni di rappresentare il nostro continente in un genere a marcato predominio USA , l’Adult Oriented Rock. Sono passati molti anni dall’ esordio “Metal Rock”, episodio profondamente legato ai preziosi insegnamenti dei Deep Purple ed i Vanadium stessi hanno saputo caratterizzare sapientemente il loro sound, distaccandosi dal loro modello originario: tuttavia, anche stavolta, Pino e compagni pagano un loro originale tributo di riconoscenza al leggendario act d’oltremanica presentando un album con una cover che ricorda molto da vicino quella del loro celebre “Fireball”.
L’ onore di aprire le danze spetta alla dinamica “Italian Girl”, pezzo su cui vola alto lo spettro dei Van Halen prima generazione ma che presenta un uso del coro molto personale, evidente sintomo di un forte miglioramento nelle vocals d’insieme che nel precedente lavoro in studio apparivano ancora in piena fase di rodaggio. Si prosegue con “Natural Born Loner”, song eccezionale, esaltata dalla chitarra intensa di Tessarin che ancora una volta si dimostra axe–man capace di prodezze degne dei più grandi guitar–heroes. In questa traccia le vocals di Pino Scotto si mescolano ad un meraviglioso coro di voci femminili ad alta gradazione energetica, creando un contrasto ad effetto che prosegue sulla rotta già solcata dai Cinderella nel loro debutto “Night Songs” e dai Bon Jovi di “Slippery When Wet” . La successiva ballad “Take My Blues Away” è un autentico gioiello, una sintesi suprema del feeling e del dinamismo che da sempre contraddistinguono i Vanadium, ancora una volta dimostratisi in grado di creare una slow–track sincera e mai banale, proprio come era avvenuto per “Easy Way To Love” e la successiva “Images”. La strumentale “Seventheaven” lascia ampio spazio alle grandi capacità del tastierista Ruggero Zanolini che ci delizia a dovere prima dell’assalto sonoro di “Bad Attitude”, un concentrato di potente metal in puro stile anni ’80.
Arriviamo ad “One Way Ride”, song d’impatto travolgente, che mette in evidenza il grande lavoro di una sezione ritmica ancora una volta inappuntabile. Esplode improvvisamente “Kill The Killer” , traccia al fulmicotone in cui la band si lancia in una performance distruttiva, con tanto di assolo centrale pirotecnico di Tessarin supportato da un tappeto di tastiere intenso come non mai. La capacità di coinvolgere l’ascoltatore che riesce a sviluppare questa traccia è accostabile a pezzi come “Into The Fire” dei Dokken o “Tonight” dei Motley Crue, songs memorabili e perfette sintesi di melodia e potenza.

Il connubio tastiera–chitarra si rinnova con classe ed eleganza nella seguente “Step Ahead Of Time” , introdotta da suoni suggestivi. “To Be A Number One”, con il suo testo ironico e provocatorio ed i suoi cori femminili molto gradevoli si riallaccia idealmente all’ album precedente. Il compito di chiudere in bellezza questo disco travolgente spetta alla traccia più pesante del lotto, la granitica “Warriors”, in cui Pino, leone del rock'n’roll, dà la sua ultima zampata decisiva graffiando con violenza l’ascoltatore.

Sviluppando le valide premesse di “Corruption Of Innocence” questo “Seventheaven” riesce a toccare corde mai raggiunte prima, trascinandoci ancora più in profondità. Un’eccellente cura per la melodia ed un attento lavoro in fase di composizione fanno di questo platter un capolavoro in grado di unire al meglio l’anima più dolce e quella più rude ed istintiva dell’ hard rock.
(Enrico Rosticci)

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