Mai prima d'ora avrei pensato di interessarmi ad una cantante grazie ad uno sceneggiato televisivo eppure, per la serie mai dire mai, eccomi qui a parlare di Vanessa Williams, conosciuta come attrice, precisamente nei panni dell'eccentrica Renee Perry in Desperate Housewives. Intrigato dalle sue peripezie in quel di Wisteria Lane, la curiosità ha preso il sopravvento: un'ottima occasione per approfondire la mia conoscenza della black music, prima ancora che per semplice curiosità e per il brivido della scommessa. Diffidente riguardo ai suoi esordi new jack swing, mi butto su "The Real Thing" del 2009, incuriosito dalle influenze brasilane presenti nell'album. Vanessa dà sicuramente l'idea di una donna elegante e raffinata oltre che oggettivamente bellissima, e questo album conferma questa sensazione: poco R'n'B, molto bossanova con un lieve tocco jazzy per un autentico concentrato di classe e leggiadria.
Per Vanessa Williams posso tranquillamente scomodare l'appellativo "diva", e sapete che è un attestato di stima che non concedo a cuor leggero, ma lei ha dimostrato coi fatti (leggasi musica) di potersene fregiare con merito. "The Real Thing" è un album semplice e sofisticato al tempo stesso, che valorizza appieno la sua voce, sensuale come i suoi splendidi occhi celesti, con sonorità praticamente unplugged ed atmosfere setose, avvolgenti, rilassanti come una doccia calda dopo una lunga giornata. Chitarra acustica, piano, archi ed ottoni costruiscono un continuum stilistico molto fluido ed omogeneo, Vanessa completa l'opera dimostrando stile, equilibrio ed una gran voce, tutti il lati migliori del glamour, depurato dei suoi aspetti più deleteri. Nessuna sboccatezza, nessuna esagerata svenevolezza, solo tanta sensualità ed una svolta "esotica" perfettamente riuscita; dopotutto la vocalità sottile di Vanessa si abbina perfettamente a questo tipo di sonorità, ed il livello di songwriting è considerevolmente alto. Gli episodi più rappresentativi sono su tutti l'apertura e la chiusura, "Breathless" e "If There Were No Song", la prima con il suo sognante e crepuscolare idillio, fluido, echeggiante e soffuso in maniera quasi straniante, che ricorda un po' Mariah Carey prima del suo trasloco a Burinia Lane, la seconda in cui riecheggia il fantasma di Joni Mitchell, la melodia a tratti sembra riecheggiare quella di "The Arrangement", contaminandola con toccate e fughe di samba, veloci ed incisivi interventi di ottoni che animano un quadro espressionista di grandissimo fascino, una raffinatissima piano-ballad dinamica e mutevole giocata su affascinanti contrasti luce-ombra, crepuscoli malinconici e dolci sere spensierate che si intrecciano armonicamente. In mezzo a queste due polarità la titletrack, grande classico firmato Stevie Wonder-Sergio Mendes è una garanzia inossidabile, che aggiunge un tocco di vivacità ai ritmi lenti dell'album, anche per merito della grazia felina di una Vanessa Williams semplicemente magistrale.
Per il resto l'album vive di ballads, che non abbandonano mai l'approccio "a lume di candela ed in punta di piedi" per scivolare su stucchevolezze di amori infranti e pseudofemminismo d'accatto, nessuna caduta di stile ed un insieme solo apparentemente omogeneo, dato che emergono individualità notevoli come "Hello Like Before", dolce e sostenuta da splendide orchestrazioni, con un lieve tocco di saudade, i colori delicati e suggestivi di "October Sky", la bellezza di un paesaggio tropicale descritta in "Lazy Afternoon", caratterizzata da uno splendido lavoro di contrabbasso e chitarra acustica, un sensuale amplesso folk-jazzy e l'intensità di "I Fell In", la ballad più malinconica e sofferta dell'album, arricchita dalla presenza discreta ma fortemente caratterizzante dei sintetizzatori, che aggiungono slancio e profondità ad una melodia classica ed emotiva ma non banale. "Loving You" è un po' la wild card del disco, si distacca in parte dalla bossanova in favore di un sensualissimo swing d'antan, smaliziato e vaporoso, con piano ed ottoni in grande spolvero; il genere di canzone che Nina Hagen nel suo periodo vintage avrebbe coverizzato più che volentieri.
Ed allora eccomi qui, un po' confuso ma soprattutto felice, gongolante per come quella che era partita come semplice scommessa si sia trasformata in sincera stima ed ammirazione "Però, niente male Renee!" è stato il mio primo pensiero mentre le note di "The Real Thing" scorrevano per prima volta nella mia testa, sbaragliando con irrisoria facilità qualsiasi tipo di resistenza o preconcetto potessi avere. Una bellissima sorpresa, non semplicemente il sottofondo perfetto per una serata galate ma un bel disco praticamente in toto, traboccante di una classe e di un'eleganza così diverse, così lontane dalle bestialità R'n'B tutto tette, culi e botulino importate dalle radio e televisioni italiane mainstream, assolutamente incapaci di promuovere le proposte di qualità in ambito commerciale. Non mi resta che scusami umilmente con Renee... ooops, Vanessa, avevo il timore di trovarmi al cospetto di una simil-beyonce ed invece ho trovato questo, un ottimo disco di una grande ed elegantissima performer, essere smentiti in questa maniera è veramente un piacere.
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