Il cosmopolitismo come processo di globalizzazione, scambio sociale, di conoscenza di nuove culture e tradizioni, come ricerca di un'identità universale. L'internauta, il viaggiatore, colui perennemente in movimento verso qualunque dei quattro punti cardinali esistenti: insomma un cittadino che non ha fissa dimora e una residenza stabile, bensì il cittadino del  mondo.

Di primo acchito ti viene in mente l'ennesimo gruppo con buone potenzialità americano facente parte del rooster di qualche label rinomata e mai penseresti che questi quattro sbarbatelli arrivano dalla città eterna e dalle rovine del Colosseo. Il modo di suonare made in USA, il fatto di aver fatto notevoli tour in tutto il mondo e fattisi apprezzare nei mercati più disparati e i notevoli riscontri all'estero e il continuo peregrinare, hanno fatto loro ascendere al perfetto status quo di band cosmopolita. Infatti sono uno dei pochi gruppi che si è riuscito a ritagliare spazi sul suolo nordamericano, caso abbastanza raro per act tricolori, se già pensiamo che la British music non fa follie sul nuovo continente.

A volte ti capitano dischi per mano, che fino a quel momento non avevi nessun interesse ad ascoltare, ne tantomeno destavi verso questi eccessivi interessi, piuttosto eri scettico se non peggio su una determinata situazione musicale.

Devo essere sincero questo album è stata per me una piacevole sorpresa: intendiamoci niente di rivoluzionario o di sperimentale, niente di cosi trascendentale, ma questo "Changes" dei nostrani Vanilla Sky, nella sua semplicità e orecchiabilità si fa apprezzare non poco. A loro viene attribuito di suonare il cosiddetto emo-pop/punk. Etichetta discutibile, io piuttosto opto per un generico, ma veritiero pop-punk e spiego subito il perché.

Per fugare bene ogni dubbio in generale bisogna dire che i Vanilla Sky non suonano assolutamente emocore. Certo vengono catalogati da ignoranti per emo, quando per le note, ed è quello che contano sono ben lontani da tale scena. Usano lyrics prettamente emozionali, ma non basta l'abito a fare il monaco, per dirla a chiare lettere prendono i cliché del genere, ma a livello musicale prendono (diciamolo chiaramente) soltanto il lato più melodico, e perché no commerciale di questa musica.Questo appunto significa che da gruppi come i Silverstein, i nostri prendono solo il lato power-pop e indie e non la componente dura, urlata e più violenta di un gruppo emocore.

Sia chiaro che queste sono sole constatazioni di sorta per rendere il tutto più chiaro possibile, ma non una critica al gruppo in se. Piuttosto adesso parliamo di quelle che conta di più, le canzoni.

Quello che si nota subito rispetto al passato è l'utilizzo della lingua madre per la scrittura dei testi, anche se sono i testi in inglese a prevalere in maniera netta.

Il disco è composto da 13 canzoni + le versioni inglesi di "Devastante" e "Se Vuoi Andare Vai" e quella italiana (a dir poco imbarazzante per un testo deprecabile) di "Break It Out" dal significato leggermente diverso.

Le sonorità partono dal pop-punk per poi concedersi incursioni costanti del rock melodico e nel power-pop, elementi questi che rendono l'ascolto piacevole. C'è ne un po' per tutti i gusti si passa da pezzi più energici e vicini al punk come "The Fight" una delle migliori con tanto di assolo dal sapore rock 'n' roll, "Letargo" in cui c'è l'unico accenno di scream di tutto il platter e "Cut Away" che riporta alla mente gli Yellowcard (gruppo questo stimato dai romani) fino a sonorità più introspettive e semi-ballate come "Gotta Believe", "Se Vuoi Andare Vai" e "Nightmare".

Se quest'ultima, che vede la partecipazione di M. Hoppus dei Blink-182 è quella che si fa notare di meno, "Gotta Believe" a sua volta è tutto l'opposto risultando il miglior episodio dosando alla perfezione malinconia e dolcezza sprigionate dalle note di pianoforte e dalla bella voce di Brian. Piccola perla, che riporta alla mente i The Used del self-titled e dimostra il lato più sognante dei Vanilla. Gli stessi canoni sono esposti nell'altra ballad piena di atmosfera e pathos "Waiting Patiently" sapientemente sorretta da un delicato arpeggio, che esplode nel finale con una serie di scariche elettriche di chitarra.

Episodi più solari si trovano invece in "Welcome Back" e in "Summer Comes" in cui si nota l'assolo a metà e la sovrapposizione tra acustiche elettriche, ovvero la dimostrazione di come si può fare un semplice e diretto pezzo pop-rock scanzonato e estivo senza risultare ruffiani. Tra le migliori "On&on" caratterizzata da arpeggi introspettivi che aprono e chiudono  il pezzo, solcando i territori del power-pop.

Per gli amanti di sonorità più movimentate c'è "Fake Season" misto di ritmiche punk e sfumature metalliche evidenziate dalle linee di chitarra, che sul bridge si fanno più pesanti.

Buoni infine i due singoli "Break It Out" e una delle ballad "Se vuoi andare vai" aperta da una linea di pianoforte che avanza per il pezzo, che si mantengono su livelli gradevoli.

La produzione è perfetta, intendiamoci si vede che ci sta dietro il lavoro di una grande major come la Universal, suoni abbastanza freschi si sposano alla perfezione con l'uso dell'elettronica, delle tastiere, di chitarre acustiche, pianoforte e dei cori.

Naturalmente se da un lato la major serve per rendere il tutto più completo e appetibile, dall'altro vuole un suo tornaconto: trattasi di cantare in italiano, e questo come già detto è un po' l'unico neo di un disco quasi perfetto.

Al resto pensano le due ugole fresche e giovani di Brian e Vix a completare tutto. Le chitarre si adattano bene ai vari registri stilistici, mentre il basso pulsante di Cisco sale di tono più di una volta dando ulteriore brio ai brani.

La principale qualità dell'album è quella che dovrebbe avere un qualsiasi album degno di tal nome: la varietà a livello stilistico e compositivo. Infatti in "Changes" troviamo diversi riferimenti a stili e generi diversi. Sfido chiunque a non trovare somiglianze nelle song del disco con quelle di altri gruppi. Non a caso si possono trovare somiglianze di contenuti con gruppi come Jimmy Eat World, Yellowcard e The Used.

L'ascolto del disco è soprattutto consigliato agli amanti dei generi citati, per gli altri credo sia meglio stare alla larga se non si amano le melodie evidenti e qui presenti. Per il resto i Vanilla Sky se paragonati a Fall Out Boy, agli inutili 30 Seconds To Mars, Simple Plan dimostrano una certa capacità nel non risultare banali o fin troppo prevedibili fattore questo da tenere in considerazione.

Detto questo per essere un disco esplicitamente figlio di MTV, è un platter di qualità e di tutto rispetto.

A loro va un plauso nell'avere attinto da culture musicali più disparate e di aver plasmato tutto in unica entità finale. "Changes" è un po' la città cosmopolita musicale moderna dei Vanilla Sky.

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