I Vanity vengono dalle spirali underground toscane, nonostante una sfrontata e allegra euforia pop. Con un corredo base di chitarra, batteria, basso e voce, sufficientemente preparati a livello tecnico e con un atteggiamento trendy, cool e pulito, potevano confondersi con certi altri gruppacci che girano anche in Italia, che propongono le loro teorie musicali inascoltabili, gli stessi e ripetitivi arpeggi e testi da far impallidire Maurizio Costanzo. Ma poco importa. Fermarsi alla sola esteriorità è un difetto che cerco di cancellare quasi sempre.
Sì, alla fine è pop con qualche scheggia di rock alternativo. Sì, è carino. Sì, è orecchiabile.
E direte. Che due coglioni.
E invece no. è quel pop-rock che ti fa canticchiare sotto la doccia, che vorresti avere sullo stereo della macchina, che vorresti dedicare alla tua ragazza. è musica onesta, senza fronzoli, volutamente citazionista senza pudore (voce alla Interpol, giri di tastiere alla Depeche Mode, ritornelli faciloni e a presa diretta), che si può ascoltare tranquillamente. Al di là della patina vagamente glamour e alternativa, si rivelano piccole grandi intuizioni, un bell'entusiasmo e soprattutto, una manciata (4) canzoni che fanno rivalutare la scena pop italiana.
L'incipit "Howling", con il suo intrecciarsi di voci e il volteggiare di tastiere, si rivela un ottimo pezzo quando si autodistrugge per trasformarsi in un tour de force di alto impatto. Il singolo "This Is Not An Option" viene direttamente da un'adolescenza dimenticata, da un amore spezzato o da una vacanza terminata sul tramonto. Ti disegna davanti un ritmo cadenzato e un ritornello che resta indelebile, marchiato sulla pelle, prima che un'ancora più trascinante "Blackmail Disco" possa richiamare un'anima meno dark e più spensierata di Paul Banks. E diamine, ti viene voglia di ballare nudo nella tua stanza. Con il mondo che ti scorre addosso. E che poi scompare. E che poi scompare. E che poi scompare. KABOOM.
Dannati lapsus freudiani.
Dannati lapsus freudiani.
Dannati lapsus freudiani.
Chiude una francamente scialba "Stormrise", che smorza l'acuto entusiasmo dei primi tre pezzi, in una canzone che avrebbe meritato un posto da b-side.
Ma a conti fatti, questo EP lascia presagire un gruppo che, pur esente di ogni originalità, riesce a colpire e ad intrattenere. Può piacere a tutti: dal radical chic alla ragazzina al primo mestruo, dall'alternativo alla ragazza della porta accando, a tua nonna, al rockettaro nostalgico o al tuo vicino di casa. Musica che unisce, che scioglie, che fa gridare a squarciagola.
Quello che, insomma, dovrebbe sempre essere il fottuto, fottutissimo pop.
All you need is love.
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