"Twenty Years of Dischord" sta a un appassionato di musica indipendente come la Bibbia sta a un cattolico credente non ipocrita che si rispetti: questa la ricetta matematica per descrivere il cofanetto celebrativo edito dalla label di Washington per festeggiare i suoi vent'anni di attività (dal 1980 al 2000, ma uscita nel 2002 a causa di una lunga gestazione) che l'hanno fatta diventare un faro dell'indie rock tutto, non solo negli USA ma nel mondo intero, esempio perfetto di onestà artistica e intellettuale, amore per la musica degna di definirsi tale e covo di fondamentalisti "do it yourself".
I primi due dischi sono sottotitolati "50 Bands", e contengono, in rigoroso ordine cronologico, un brano per ciascuno dei gruppi usciti per la Dischord: si inizia all'insegna dell' hardcore punk targato Teen Idles, State of Alert (guidati da un giovanissimo Henry Rollins pre Black Flag), Minor Threat (imprescindibili per un quadro completo sul genere in questione) e Scream, solo per citarne alcuni, tutti gruppi vissuti nell'arco di un paio d'anni, capaci di prendere le mossa dai Bad Brains fino a definire essi stessi l'essenza di questa musica.
Si approda quindi alla metà del decennio con nuove band cittadine che iniziano a virare verso nuovi e fino a quel momento inusitati territori, esemplari in questo senso i Rites of Spring di Guy Picciotto, capaci di mantenere la potenza dell' hardcore pur diluendola in atmosfere più dilatate e di maggior respiro; fino ad arrivare all'apice del successo con gli anni Novanta, un'orgia di band pazzesche che portano la Dischord a nuova vita: Fugazi, Shudder to Think, Jawbox, Lungfish, Nation of Ulysses, una scuderia impressionante per sostanza, capace di dare un senso al concetto di Post Hardcore, in poche parole Musica Oltre.
Un ensemble di gruppi che sorreggeranno l'etichetta per l'intero decennio, il quale vedrà la nascita di ottime band come i Make Up (ex N.o.U., senza i quali, giudicate voi, oggi non esisterebbero International Noise Conspiracy, Hives e compagnia bella), ma anche di gruppi non del tutto convincenti come High Back Chairs, Hoover o Crownhate Ruin; fino ad arrivare alle soglie del 2000 con Faraquet e Q And Not U, quest'ultimi anticipatori dell'avvenuta, completa resurrezione che vede come protagonisti anche i qui assenti El Guapo, Black Eyes e Antelope.
Interessantissimo anche il terzo Cd dell'opera, "Unreleased & rare", contenente 24 brani inediti e 6 videoclip incentrati soprattutto sul primo periodo dell'etichetta, ma la vera chicca del cofanetto è rappresentata dal libro di oltre 130 pagine intitolato "Putting DC on the Map", contenente tutta la storia della Dischord narrata dai boss Mackaye e Jeff Nelson, le biografie di tutti e cinquanta i gruppi presenti, il catalogo completo della label e una miriade di foto, in poche parole un documento fondamentale assieme alla musica per comprendere l'evoluzione e la risonanza storica di questa magica scena.
"Twenty Years of Dischord" è uno di quei dischi che non ha senso masterizzare, tante sono le gemme che si perderebbero, e anche perchè vale molto più di quello che costa.
Fondamentale, da avere assolutamente.
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