“Funny how secrets travel…”

Viaggi secreti fin nei meandri più nascosti della psiche umana. Zone morte rischiarate da una luce fievole e distorta. Zone d’ombra tangibile, di mistero incarnato in immagini e note distanti che penetrano nelle sinapsi come schegge di pazzia. Tutto quello di cui potete cibarvi in Lost Highways di David Lynch, opera d’arte assoluta che definire “film” sarebbe come definire un’opera di Cezanne un “quadro”, lo trovate in questa colonna sonora, che è molto, molto di più che una raccolta di 23 canzoni.

Un viaggio nelle tenebre prodotto nientedimeno che dalla mente perversa di Mr. Reznor (e - credetemi - si sente). Lo squarcio nella materia onirica è opera di David Bowie, “I’m Deranged” (dal capolavoro "Outside"), ontologia dell’opera d’arte. Una canzone che sa di incubo, di strada verso il nulla, con una melodia vocale da brividi. Dopo l’intermezzo agghiacciante di Reznor, una manipolazione dal film e il capolavoro “The Perfect Drug”, i primi assaggi del maestro Badalamenti, a mio avviso uno dei più grandi compositori di musica per film assieme a Bernard Herrmann e all’Ennio nazionale. Dai grooves schizoidi alle rivisitazioni jazz (su tutte la spledida “Fat’s Revisited”), dal blues alle orchestre sublimi, è lui il deus ex machina dell’album. Ma i compagni di viaggio sono tanti… con Barry Adamson ed i suoi “Mr Eddy Themes” vi sembrerà di trovarvi in un vecchio noir, cappello in testa, impermeabile e sigaretta alla Bogart, e il mistero vi sembrerà sempre più materiale... gli Smashing Pumpkins con “Eye”, melodia dolce e scura su un beat elettronico, come il battito del vostro cuore che si sta innamorando sulle soffici carezze delle note di “Insensatez” di Antonio Carlos Jobim, re della Bossanova. Anche il riff spaccone e allegro di Lou Reed, “This Magic Moment”, sembra un breve sogno nell’incubo, perchè quando svoltate l'angolo troverete un Marylin Manson più luciferino che mai (e in stato di grazia, ormai lontanissimo ricordo, con “Apple of Sodom” e “I Put a Spell On You”), e il freddo metallo dei Rammstein, pessimi in casi normali, ma apprezzabili nel contesto particolare.

Quando i violini di Badalamenti vi saranno entrati sottopelle, e sarete arrivati al punto di non ritorno, la pazzia giungerà inesorabile e beffarda col sigillo di Reznor, “Driver Down”, capolavoro di industrial strumentale, feroce come uno scontro frontale con la morte. E sul procinto di chiudere gli occhi, sfumata anche le pazzia delle ultime note di piano e sax… la materia onirica si richiude con chi l’aveva penetrata… la voce del Duca Bianco, la stessa voce, come un Deja Vù.

Se volete intraprendere questo viaggio, consci dei pericoli che correte, non vi azzardate a farlo senza guardare il film. Sarebbe sacrilegio.

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